Lo stratega perfetto

“Dentro un ring o fuori non c’è niente di male a cadere. È sbagliato rimanere a terra”. Impossibile dar torto a Cassius Marcellus Clay, in arte Muhammad Alì, uno che al tappeto è stato messo tante volte ma che, più di tutti, ha avuto la forza di reagire. Un mantra che anche noi, nel nostro quotidiano, ripetiamo spesso dopo aver commesso un errore all’apparenza evitabile. Sia esso un 3 rimediato al compito di matematica, un tiro sbagliato a porta vuota al calcetto del venerdì sera o magari il troppo vino bevuto al gran cenone del Natale poco importa. Alla fine quel che conta è farsene una ragione, mettere una pietra sopra e lasciarsi tutto alle spalle.

IL SAPER REAGIRE DI ALLEGRI

Max Allegri, inutile negarlo, nei suoi tre anni e mezzo alla Juventus – inutile negarlo – di errori ne ha fatti, e non sono neanche pochi.

  • 2014/2015. L’allenatore ex Milan è “costretto” a sedere sulla panchina più scomoda d’Italia, resa tale dopo l’addio improvviso di Antonio Conte. Vedere Allegri, esonerato dai rossoneri per i scarsi risultati ottenuti, accomodarsi sulla stessa panchina del mito di Antonio è “un colpo all’anima” per i tifosi della Juventus. La sconfitta col Lucento nel precampionato certifica poi i malumori dei tifosi: e intanto si alzano i cori “Noi Allegri non lo vogliamo”. A fine stagione, però, il livornese supererà addirittura il suo collega garantendosi finalmente un posto nel cuore dei tifosi bianconeri, grazie soprattutto ad una finale di Champions che mancava da 12 anni.
  • 2015/2016. La Juventus vice-campione d’Europa, all’apparenza diventata onnipotente in patria, colleziona figuracce a ripetizione. L’Udinese sbanca lo Stadium, il Frosinone pareggia al 95′, il Napoli e la Roma passeggiano sulla squadra che, qualche mese prima, aveva sfiorato l’impresa a Berlino. La sconfitta chiave è però quella di Reggio Emilia col Sassuolo. È proprio sull’orlo del baratro che Allegri dimostra di poter/saper voltare pagina: seguiranno 17 vittorie consecutive, uno scudetto vinto dopo una rimonta pazzesca, una Coppa Italia in più in bacheca, un pallone non spazzato che tutt’ora grida vendetta.
  • 2016/2017. I pentacampioni d’Italia vincono ma non convincono in Italia. Napoli e Roma dall’alto del loro bel gioco, anche se con risultati inferiori a quelli di Madama, padroneggiano e spiccano nel globo calcistico del bel paese. La goccia che fa traboccare il vaso è la sconfitta del Franchi. È il 6 gennaio e la befana per Allegri ha in serbo solo carbone nero. Anche qui, però, l’allenatore toscano, forse grazie all’insonnia di una fredda notte d’inverno, pesca dal mazzo il jolly. Mandzukic-Dybala-Cuadrado dietro Higuain: tutto il resto è storia, noia per qualcun altro. Sesto campionato e terza Coppa Italia vinta di fila e, ahimè, un secondo tempo di finale di Champions che forse non riusciremo mai ad accettare. Ancora una volta eravamo ad un centimetro dalla coppa, quella coppa.

LA CHIAVE TATTICA: MATUIDI

Il 4-2-3-1 che aveva fatto la fortuna di Allegri nell’annata precedente, non sembra più seminare quanto sperato. I gol subiti diventano 14 in 13 partite giocate dopo la trasferta di Marassi, più di uno a partita: troppo per chi, nel lustro precedente, ha costruito le proprie vittorie sulla base di una solida difesa. Solo chi tocca il fondo può riemergere, ma per farlo bisogna darsi una grande spinta. Questa arriva da un cambio modulo reso possibile da un acquisto la cui utilità è inversamente proporzionale all’attenzione mediatica riservatagli in estate. Allegri ha chiesto a Marotta un centrocampista del Psg, ma il suo identikit non corrisponde né al (presunto) erede di Iniesta né a Di Maria, non più imprescindibile dopo l’acquisto di Neymar. Allegri aveva scelto Matuidi: un po’ rozzo, goffo con i piedi, ma dal cuore d’oro. Il risultato? In otto partite giocate con il 4-3-3 la Juventus non ha mai subito e forse non farebbe tanto scalpore se non avesse giocato col Barcellona (d’Italia e di Spagna), Roma ed Inter. Ancora una volta aveva ragione Max Allegri, lo stratega perfetto.

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