Penso a Del Piero e penso alle nostre vite incrociate. Ovviamente non ci siamo mai incontrati neppure per sbaglio. Le nostre carriere poi sono tutt’altro che paragonabili, come lo sono anche le nostre età: 14 anni di differenza. Il giusto per riuscire a godere dei tuoi inizi senza dover ascoltare i racconti di chi è più grande.
I primi ricordi della mia vita sono dei tempi dell’asilo, vaghi e indefiniti. Un po’ come la tua stagione al Padova: ricordi lontani. Poi arrivò il mio primo giorno di scuola, lo ricordo bene: dopo le classiche foto vestito da scolaretto con lo zaino sulle spalle, l’entrata a scuola. Volevo solo giocare (o per essere più precisi quello che caspita mi andava di fare) ma c’erano delle regole da seguire in quel luogo. Muovevo i miei primi passi nel mondo, così come tu lo facevi nella Juventus. Era il ’94 e nessuno sapeva cosa sarebbe successo dopo.
Quelli furono i nostri anni migliori: tu ad incantare il mondo con le tue giocate, io a dar spettacolo a scuola con la mia personalità (all’epoca) trascinante ed entusiasmante. Poi abbiamo subito uno stop: la tua gamba fece crack a Udine, io conobbi l’incubo del bullismo. Gli anni ’90 lasciavano spazio al nuovo millennio e sembrava che di noi non ci fossero tracce: dov’era quel fenomeno capace di gol assurdi? Dov’era quel ragazzino fatto di allegria e gioia di vivere? Eravamo spenti dietro ad un’ombra, un ricordo pallido di quello che eravamo e che avremmo voluto essere sempre.
Il 5 maggio ero alla dannatissima festicciola di comunione di mia cugina: niente tv, niente radio. Solo aggiornamenti sul Nokia 3310. Quanto avrei voluto essere lì a guardarti felice, riprenderti il posto da campione che ti spettava di diritto. Sorridi: il mondo ti guarda. Sorridi: sei alla festa di tua cugina. E guarda tutti quei tizi in macchina che urlano ubriachi di felicità.
Io crescevo lontano dal mondo dei bulli, in una scuola con un ambiente familiare e confortevole. Peccato solo che non avessi alcuna voglia di studiare. Ma almeno ero più sereno rispetto agli anni delle medie; solo un po’ in panchina quando c’era da farsi avanti. Un po’ come quando Capello ti preferiva Ibrahimovic, nonostante il tuo nome e la tua fascia.
Vogliamo parlare del 2006? La mia ingloriosa avventura scolastica terminò anzitempo, passai un’estate di ribellione in cui i capelli lunghi mi aprirono le strade al mondo femminile, alla Canniccia (mano sul cuore ogni volta che ricordo LA discoteca per eccellenza) e il deludente mondo dei grandi: lavoro e occhio alle spalle. Un tripudio di emozioni, come quelle che può aver vissuto il capitano della Juventus campione d’Italia retrocesso in B dopo Calciopoli. E un mondiale vinto. Ricordo ancora il tuo gol contro la Germania: “finalmente a segno capitano!” urlai in ginocchio tra la tv e il letto.
2006/07: la stagione del reset. Per tutti e due. Io a malapena maggiorenne, impacciato come pochi al mondo a farmi le ossa in un call center, tu a riportare la Juve dove le spetta. Ci sono voluti anni di alti e bassi ma alla fine ci sei riuscito. Senza battere ciglio, prendendoti rischi, botte, applausi, critiche. Inviti a ritirarti. Immagino che tu pensassi: “non ancora. Non adesso.“ C’era da vincere uno scudetto prima.
Il giorno in cui lasciasti la Juve non ce la feci a guardarti. Non potevo immaginare la Juventus del futuro senza di te. Peggio ancora, non potevo immaginarti con una maglia diversa. Era inevitabile, lo so. Ma si è mai pronti per un addio? Mai del tutto. Si può essere ragionevoli, usare il raziocinio, il cinismo. Quel senso, amaro e dolce allo stesso tempo che sa di nostalgia, rimane.
Eri lì quando iniziavo la scuola. Eri lì quando ho mosso i miei primi passi nel calcio (e anche gli ultimi). Eri lì quando giravo col motorino. Eri lì quando presi la patente della macchina. Eri lì quando ho dato il mio primo bacio. Eri lì quando se ne andò mio nonno. Eri lì quando il resto della mia famiglia si scannava in tribunale. Ed eri lì quando comparve Nike, la mia gatta, l’essere vivente a cui ho voluto più bene al mondo.
Eri lì, con una maglia bianconera addosso ad accompagnarmi nella mia vita. E ora che la 10 non c’è più, la Juve è più lontana nelle mie emozioni. Nessun Tevez, Pogba o Dybala può sostituirti. Per me la 10 è ancora tua.
Mi piacerebbe poter ricambiare. Essere lì per te se dovessi avere bisogno. Sarebbe un buon inizio per sdebitarmi. Oggi che è il tuo compleanno, il titolo di aldogiovanniegiacomesca memoria è più che mai azzeccato.