E tutto qui cade incantevole…

Non sono torinese. Lo premetto per far capire quali sono gli occhi che descrivono questa città. La mia vita si snocciola in mezzo alla campagna, dove gli argomenti del giorno sono il meteo e le galline. In alcuni momenti invece il “trend” può virare sulla vendemmia, oppure sui funghi.

Quando un campagnolo “sale” in città, vede tutto più grande. Non sa che è possibile avere tre corsie per senso di marcia, non sa che esistono i contro viali. Guarda stranito quei solchi nella strada stupendosi che servano per un treno (il tram).

Torino… è facile dire che è bella. Piazza Castello, Via Roma, Mole Antonelliana, San Salvario. Ma Torino è anche Aurora (quella che sogna nella canzone dei Subsonica), è il Corso Regina Margherita, dove il traffico, l’architettura e le etnie mutano a seconda dei quartieri in cui ti trovi. Torino è diventata un covo di pizza&kebap. Torino la notte si illumina, ma lascia zone d’ombra pericolose.

Il derby segna un regolamento di conti che non finirà mai.

Quello di ieri è arrivato all’interno di un rush infernale, tra uno scontro con la Fiorentina e quella Champions League che fa drizzare le antenne. Tutto tra le mura amiche dello Stadium.

Come è andata lo sappiamo tutti bene. Il day after Torino vive nei suoi spazi nevralgici: il centro si confonde tra “locali”, turisti e magliette azzurre che fotografano la città. C’è pure una via presa d’assalto da equilibristi, ginnasti, parkour. Torino vive.

Basta fare un centinaio di metri in fuori per respirare un’aria diversa, dove piccole onde di silenzio si infrangono addosso prima che la quotidianità ritorni ad imperare.

Pochi segni di Juventus in giro: un bambino con la maglia verde di Higuaín, un vecchio con la scritta “Dybala 21” in una maglia tutta bianca. Nessun segno granata: pure il negozio in Piazza Castello è chiuso. Il derby è passato, la vita impone di andare avanti freneticamente. Lo sanno pure i muri di questa aristocratica città cosa arriverà.

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