Per il mondo Juventus è un giorno particolarmente triste. La juventinità, intesa come attaccamento alla maglia e ai valori di cui la società si fa strenua portatrice, è stata tradita dalla decisione di Bonucci di lasciare la squadra per poter approdare al Milan. Il tifoso, travolto da quell’impeto di irrazionalità che è una diretta conseguenza dell’affetto nutrito nei confronti del giocatore, è sicuramente quello più propenso a parlare di tradimento. Ogni tanto, però, occorre fermarsi, prendere fiato e chiedersi: ma ne sarebbe valsa la pena?
ERA GIUSTO COSÌ, FORSE…
Al pari di una coppia che non funziona più, in cui regna il disprezzo e la tensione, così il matrimonio tra Bonucci e la Juventus era giunto al capolinea. Non si tratta di ripudiare all’improvviso un giocatore che è stato la colonna portante di un ciclo vincente. Piuttosto si tratta di avere la lucidità e la maturità di dire basta: ecco, proprio come in una coppia. Ci siamo voluti bene, ci siamo amati anzi, e tanto. Ma era meglio che finisse così. Prolungare un rapporto che andava avanti per un’inerzia forzata sarebbe stato deleterio per il giocatore, per l’ambiente societario e per lo spogliatoio.
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Quando una relazione termina non è necessario trovare un sostituto. Anzi, diciamocelo, la solitudine spesso può essere la miglior consigliera. Ecco, magari qui il calcio funziona in maniera leggermente diversa. Via un giocatore, sotto a trovare il ”rimpiazzo”. La Juventus lo sta facendo con Dani Alves, e ora deve necessariamente farlo con Bonucci. Intanto, però, da Vinovo, probabilmente, arrivano le urla di gioia di un giocatore che, proprio per la presenza sovraordinata (e sacrosanta, mi verrebbe da dire) di Bonucci nelle gerarchie di squadra, ha avuto troppo poco spazio per potersi mettere in mostra. Daniele Rugani, il ragazzo taciturno e dal volto innocente, forse forse, mentre il mondo bianconero piange l’addio di un senatore in stile ”See You Again”, non è così dispiaciuto. L’occasione per mettersi in mostra è finalmente arrivata, per dimostrare di poter riuscire ad essere leader della difesa anche nella Juventus e non solo nell’Empoli (squadra nella quale il classe ’94 si è dimostrato essere tra i prospetti più interessanti del panorama mondiale). Il sostituto, o meglio, l’erede è in casa, insomma, e prima che ammuffisca sarebbe bene farlo alzare dalla panchina e iniziare a dargli le direttive per poter prendere in mano le chiavi della difesa con la stessa personalità con cui lo faceva il numero 19. La tecnica c’è: il ragazzo di Lucca, infatti, è l’unico che può vantare una leggiadria nel disimpegno e un tocco di palla quanto più simile a quelle del suo ex compagno di reparto. Iniziare a renderlo un un pilastro per la serie A per poi arrivare a farlo essere decisivo anche in Champions può essere il più importante degli investimenti difensivi. Mister, a te il lavoro!