Qui, a 300 metri dal San Giovanni Bosco, il pensiero va ad Erika. Il Verbano è assai più distante e che senso può avere decidere per amore di venire a morire nel salotto barocco di Torino? Per amore si fa tutto, anche non sapere di calcio e condividere ugualmente la passione col fidanzato, per amore. Per amore, Cristo Dio!
Come faceva Erika a sapere che la “maledetta” è maledetta davvero? E che lei sarebbe stata la vittima numero 40 della maledizione? Chi glielo poteva dire? Il fidanzato, gli amici, la gente che da ogni parte di Italia e d’Europa si era data convegno la sera del 3 giugno, per alimentare insieme un sogno? Un happening degno di Woodstock, libero da controlli come quello, con le autorità assenti come quello, con migliaia di vite abbandonate a se stesse come quello. Il particolare atroce sta nel fatto che sono passati 50 anni, quasi. Poi si dice che la storia insegni…
Heysel, nome di uno stadio che vive solo nelle menti dei reduci e di chi non vuole che passi nel dimenticatoio, tenacemente, doverosamente. Heysel ricordato nemmeno una settimana prima della finale e rimesso in scena come se fosse compreso nell’abbonamento. Altro bollettino di guerra, per fortuna meno drammatico: dove è il sottile filo delle differenze aritmetiche? Forse che l’esperienza di un pronto soccorso sia meno alienante a Torino rispetto che a Bruxelles?
Siamo ancora qui a chiederci perchè serate di festa debbano finire in ospedale. E se restiamo su questa Terra a gridare la nostra indignazione, Erika lo fa dal Cielo. E’ costretta a farlo da lassù.
Ora che non si contano soltanto feriti, con il conseguente liberatorio commento: “E’ andata ancora bene”, è giunto il momento di chiedere agli autori di leggerezze, sottovalutazioni e incapacità a leggere nei tempi, di farsi carico delle proprie responsabilità. Prefetto, questore, sindaco, capo dei vigili (pardòn, polizia municipale!), preposti all’ordine pubblico, prego: attendiamo un atto di coraggio.
Lo dovete ad Erika, al suo fidanzato, ai suoi familiari, alla sua vita interrotta a 38 anni perchè avete permesso che piazza San Carlo diventasse terra di nessuno, voltandovi dall’altra parte.
In quello stadio che secondo alcuni avrebbe dovuto contenere 30 mila tifosi, ovviamente senza organizzazione, senza ordine pubblico, senza controlli, solo per spostare l’happening punto e basta, in una casa privata oltretutto tanto per scaricare il barile delle responsabilità, in quello stadio comparirà un numero corretto. Un triste aggiornamento di una contabilità troppo spesso vilipesa senza conseguenze.
+ 40, rispetto. Ma è ora non solo di pretenderlo il rispetto, ma di ottenerlo. In questo Paese, nel quale a momenti è di nuovo colpa della Juve, anche la morte di Erika. Eboli è molto più distante di Domodossola, eppure pare che ci sia la distanza come da qui al San Giovanni Bosco.
Immagini tratte da corriere.com e quitidiano.net