Siamo, direbbe il sommo Poeta, “tra color che son sospesi…”. Complice la festa, la fine della giornata di campionato senza ulteriori posticipi, i verdetti dapprima pieni d’ira e poi rilassati, l’attesa di ciò che verrà, si avverte un’atmosfera rarefatta, impalpabile, polverizzata. C’è perfino spazio per argomenti più pregnanti, come le primarie del PD, la Corea del Nord, il lavoro (o il non lavoro?). Tutti argomenti che da mercoledì passeranno in secondo piano: siamo o non siamo un popolo di tifosi?
Non c’è trippa per…le polemiche. Guida è stato disinnescato dalla Lazio, Orsato pure. Chi scrive era pronto a gridare all’affermarsi di una regìa occulta, ma l’ennesimo tiro appena dentro l’area, deviato per intercessione di Eupalla, ha rimesso a posto le cose. Eh già! Perchè in un gioco fatto di istanti fuggenti, qualunque volontà extragonistica non può nulla contro la casualità. Sempre che tra l’interpretazione e la piena regolarità dei fatti non ci si balli troppo.
Allora la mente va alle semifinali di Champions e si attende. Un recondito angolo di cerebro si spinge a calcolare i punti che separano la Juventus da ciò che mai nessuno ha fatto in Italia. C’è il derby di mezzo ed allora per una volta, solo questa volta, monta un sentimento di fastidio, simile a quando si è di fronte all’impiegato dell’Agenzia delle Entrate.
Ci sarebbe la finale di Coppa Italia di cui parlare, alla luce della bella prova degli aquilotti laziali. Una finale che non ha le sembianze della formalità, tutt’altro. Simone Inzaghi ha dimostrato di avere gli attributi e la preparazione per reggere un ambiente oltre modo difficile. La Lazio è una bella realtà, forse anche superiore agli altri capitolini, al netto di rigori e rigori e rigori.
Si potrebbe abbozzare un discorso sul malvezzo ignobile ed ignorante del solito razzismo a buon mercato. Rudiger e Muntari non meritano di essere apostrofati in maniera becera da curve intere, anche se avversari. Eppure vanno fatte distinzioni. La tifoseria biancoceleste staziona notoriamente verso la destra politica e non è nuova a momenti non del tutto onorevoli. Con giustificazioni a zero. Muntari paga l’irruenza sua che lo porta spesso sopra le righe della correttezza: Dybala ne sa qualcosa. Non per questo va sistematicamente fatto oggetto di cori razzisti. Eppure, tant’è. Quando la curva, qualunque essa sia, avrà comportamenti da educande del collegio delle orsoline? Gara persa in partenza, basterebbe restare nei limiti. Forse.
Siamo davvero “tra color che son sospesi”. Stiamo lasciando la mente a briglie sciolte, rilassando i neuroni prima della pugna. Roba da “o tutto legno o tutto prato” secondo un detto piemontese. Perchè maggio è il mese del lavoro, della piena primavera (se arriva!), della Madonna. Ed anche dei verdetti insindacabili, a conclusione di stagioni lunghe e sfiancanti. I verdetti sono ancora tutti aperti, a breve distanza, terribilmente affascinanti ed ancora irrealizzati. Che l’attesa non sia lunga e non delusa. Soprattutto.