È una sinfonia che ti trasporta, che lo fa dolcemente: quasi col sorriso sulle labbra, con una gioia che ti cresce pian piano dentro. È una capriola che ti riporta su, ma senza girare: al massimo, quello, lo fanno gli avversari. Che Juan prende e porta via, con un passo o due. A ritmo di danza: irresistibile. In ‘pista’ e in campo, sì: perché adesso, e mai come ora, è l’uomo a cui Allegri proprio non può rinunciare.
È UN ALTRO CUADRA
Quanto può cambiare in un anno. Quanto può fare una partita, un’accelerazione, un colpo di coda. E uno di testa. Un altro da tre punti, tra l’altro. In una partita prima dominata e poi ‘rovinata’ da tutto lo sciupare, lo schiacciarsi indietro, il rifiatare. La Juve ha faticato, l’ha fatto nel finale: ma Juan non ha avuto un singolo problema, nemmeno in un minuto, neanche in un istante. Ancor meno quando dalla sua parte di campo ha iniziato a farsi vedere Regini, in compartecipazione con Linetty: che sia avanti o indietro, il colombiano non soffre. E questa vittoria, personalissima, Max Allegri la porterà nel cuore.
Perché ora è diverso, Cuadra. Non è solo primo passo lungo e accelerazione: è tornare indietro, supportare il terzino di riferimento. Banalmente – mica tanto? – raddoppiare velocemente, soprattutto se il portatore di palla avversario ha qualche sinistra intenzione: tipo inventare la giocata sulla propria trequarti. Insomma: è ovunque. Insomma: fa anche il Mandzukic. E barili di chilometri a parte, è la continua lucidità in fase offensiva a renderlo unico, speciale, inimitabile. Per Max, irrinunciabile.
UNA LUNGA RINCORSA
È stato il giocatore forse più invocato, Cuadrado. Lo era col 3-5-2, quando Lichtsteiner sembrava non riuscire più a sfondare; lo è ora, che con un modulo così offensivo, estro e magia si fondono per trasformare le continue trazioni offensive in potenziali successi bianconeri. È poi l’uomo del destino: Monaco di Baviera e il derby lo scorso anno, Lione e Samp in questa stagione. Ovunque si trovi in partita, ovunque i riflettori del calcio decidano d’illuminare il suo volto, la squadra sa di poter contare su un’arma non esplosiva, ma di pura distruzione. Una bomba, su quella fascia. Imprendibile palla al piede e negli inserimenti, inafferrabile pure in semplici termini di intelligenza calcistica. Il movimento a uncino su Regini? Va rivisto, e un paio di volte non bastano: perché la bellezza del suo gioco va ben oltre agilità e corsa.
La lunga rincorsa di Cuadrado non termina qui, non può farlo: con lavoro e dedizione ha saputo procacciarsi modulo e posto da titolare, tutto per lui. Ora serve mantenere la rotta, magari alzare l’asticella: e poi affrontare e andare a colpire nei buchi del Barcellona, di chi verrà tra campionato e Coppa. La sfida è lanciata: non bastava il killer instinct del Pipita, la qualità sopraffina della Joya. E nemmeno il doppio gioco di Mandzukic. C’è pure Cuadra: ballo, chilometri e zero paura. E tanto, tantissimo ancora da dare.
Cristiano Corbo