Se provassimo a chiedere a un extraterrestre cos’è il calcio in Italia, probabilmente il nostro amico dello spazio ci direbbe che è quella “cosa” di cui sente parlare puntualmente durante la settimana, quando in versione invisibile a noi umani fa un giro in un bar, in metro, in piazza, in ufficio e al lavoro. Il calcio ormai non è più quello sport che si gioca su un prato verde, dove due squadre composte da undici giocatori si contendono una palla con lo scopo di far entrare quella palla nella rete della squadra avversaria. Eh no, il calcio è tanto altro, è un argomento che si sviluppa ormai quotidianamente.
Tutto parte logicamente dalla partita, ma poi la partita stessa diventa solo la cornice, mentre il quadro al suo interno lo si disegna giorno dopo giorno e gli artisti dell’opera sono tutti gli addetti ai lavori. Dai calciatori in primis, per finire inevitabilmente ai tifosi. Il giorno dopo la partita tutti diventano allenatori, arbitri internazionali, tattici e il leitmotiv di tutti i discorsi è la polemica viva e vigorosa. La polemica, inizia al triplice fischio e termina con la palla al centro della partita successiva. Per poi ricominciare nuovamente.
Si fa polemica su tutto. Dal completino che indossa la propria squadra del cuore, allo striscione in curva, al costo del biglietto, al cibo del bar dello stadio, allo stadio stesso, al coro della tifoseria avversaria piuttosto che al tweet inviato. Per non parlare poi delle dichiarazioni riportate dalla stampa e dalle tv. E dei post su Facebook. Quelli ormai sono un must, sono il pane quotidiano della polemica. Tutto parte quasi da lì, da un video rubato sui social, da un’interpretazione sbagliata data a un’affermazione del capitano, del mister, del dirigente e persino del politico tifoso. La polemica scatena discussioni, offese, risse. La polemica da adito a violenze verbali e fisiche. La polemica fa sobbalzare persino De Coubertin nella sua tomba a Losanna.
Eppure il calcio è anche questo. O forse meglio, il calcio è bello anche per questo. Il fascino della polemica riesce a essere coinvolgente. In una polemica su un rigore dato o non dato, a volte si riesce a inserire con voce in capitolo anche colui che non ha la benché minima consapevolezza di cosa sia un fuorigioco o una diagonale difensiva e che vede una partita ogni quattro anni (ovviamente quando gioca la nazionale). La polemica è per tutti, grandi e piccini.
Insomma la polemica fa parte di questo sport, così come la bandierina del calcio d’angolo o la monetina dell’arbitro, la classifica marcatori e il tabellone allo stadio. La polemica è continua, snervante, incessante, fuori luogo, eccessiva, inutile, volgare, puerile. Lei, la signora polemica è onnipresente, onnipotente, interminabile. Poi all’improvviso l’arbitro fischia l’inizio della partita, quei ventidue iniziano a correre dietro ad una palla e a sudare e la polemica finalmente trova un po’ di riposo.
Francesco Pellino