Ancora una volta, lo Juventus Stadium è chiamato a rammendare l’ennesima figuraccia rimediata fuori porta, dopo una gara infrasettimanale, dalla Signora più timida, fragile e impacciata dell’ultimo quinquennio.
Lo svillaneggiamento sofferto sulle rive dell’Arno, ove la guida tecnica pro tempore, succube della vecchia guardia dal 28 ottobre 2015 (giorno in cui una spallata di Sansone colmò la misura di una crisi intollerabile), ha preferito schierare la traballante BBC e ripresentare un modulo ormai improponibile per decadenza di automatismi e interpreti, oltreché per nulla sorprendente è stato la naturale conseguenza di un processo involutivo affatto casuale.
A prescindere dall’assurdità di rinunciare al centrale difensivo più in forma, e d’impiegarne tre diversamente inabili per contenere una sola prima punta di ruolo, ed esulando dall’inopportunità di ripudiare uno schema che stava appena imbastendo qualche dignitosa certezza, l’ultimo passo falso (4 su 19 sono oggettivamente un’esagerazione) ha confermato le considerazioni che lo scriba ha già ripetutamente espresso con l’ausilio del piccolo schermo e in modalità telematica, in tempi non sospetti:
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mercato assolutamente inadeguato, affrontato all’insegna del cambio merce con conguaglio a favore, che ha aumentato i costi ordinari di gestione senza rinforzare una squadra nell’ambito della quale è stato drammaticamente sottovalutato il contributo che Pogba vi apportava;
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la Juve è una squadra femmina, incline a subire l’avversario; senza identità, personalità, animus pugnandi e idee, che mortifica i suoi talenti più cristallini sull’ara di una prudenza esasperata, speculativa, cadenzata su ritmi da passeggiata digestiva e contrappuntata da esecrabile sicumera, peraltro non giustificata da un centrocampo mediocre a dispetto degli interpreti;
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la mancanza di uno spartito consegna alla stellone del ”Leader minimo” e/o alle lune delle individualità migliori la responsabilità di ottenere risultati; una scommessa rischiosa che, all’innalzarsi dell’asticella, normalmente viene persa;
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un allenatore (?) capace d’incidere soltanto in negativo e in totale confusione ogni qualvolta si trova nella condizione di poter scegliere. Sulla perniciosa influenza del “gestorino” è già comunque stato profferito tutto il possibile. Infierire ulteriormente sarebbe pleonastico e stucchevole, giacché il vilipendio di cadavere è pure un reato;
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l’inutilità delle lezioni (eufemismo) precedenti, colpevolmente minimizzate con arrampicate sugli specchi degne di un free climbing. A questo punto, poiché non v’è traccia di apprendimento, occorre dare per assodata la presenza di troppi analfabeti, non solo funzionali…, e nemmeno è irragionevole escludere la sopravvenienza di ulteriori ripetizioni. Anche perché, va ripetuto, certe increspature nei rapporti di scrivania e spogliatoio si riflettono ineluttabilmente sul campo, quando si gioca, e in settimana, durante gli allenamenti, dalla qualità dei quali dipende l’esito delle partite.
Scontata come un tacchino il giorno del ringraziamento la subucula indossata dai fondamentalisti del “Tutto va ben, madama la Marchesa” per occultare e rigettare quanto sopra: “Primi in Italia e in Europa”; ammesso che tale condizione duri, e allo stato dell’arte non è così scontato concederlo, questo negazionismo della realtà e di ogni icastica preoccupazione a essa conseguente, è quasi più stucchevole del richiamo al “triplete” da parte degli indaisti, anche quando si parla del clima atmosferico o del FTSE MIB.
In punta di fatto, signore e signori, si respira un’aria da fine impero parzialmente depurabile solo raccogliendo il bottino pieno nelle prossime tre partite. Viceversa si aprirebbero scenari oltremodo inquietanti e, per esorcizzare lo spettro di una stagione fallimentare, difficilmente potrebbe bastare l’aspersione a catinelle di una “halma” il cui tossico livello di guardia è già stato superato di molto e da un pezzo.
Così è, anche se non Vi pare.
Augh!
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