La gloria, il vendersi. Axel, che fai? Dalla Cina con furore e una barca di soldi, ed ecco che Witsel si sente tagliato in due. Da una parte, l’orgoglio; dall’altra, qualche futile (ma fino a che punto?) pensiero. Certo, quegli assegni sembrano rompere tutto: pure l’amore. Si guardi Tevez: casa sua mai stata così lontana. La sua gente, il suo popolo. No, non ci sarà un’altra maglia da dedicare al suo barrio. Al suo ritorno, magari, qualche aiuto concreto.
Axel, a te la scelta. Sembra clamoroso, ma il mercato è anche questo: dover aspettare per un ‘sì’ già scontato, scritto, portato a casa. E dover aspettare Witsel, poi: scaricato un anno fa, tornato in auge nell’ultima sessione. Adesso, semplicemente fondamentale. Frutto di una serie di errori strategici, di una sfortuna poco lucida, adesso di un’attesa che non sta in piedi. Come il mercato che fanno quelli lì, laggiù. Non è nuovo calcio: è un massacro ai vecchi valori, ormai bistrattati da una valigetta sempre colma di tutto. Tranne che di sogni.
La decisione del belga dirà tanto: sull’uomo, in primis. E poi sul calciatore. Gloria o assegni, del resto: aut aut che non dovrebbe stare in piedi in un mondo in cui i secondi persistono e resistono un po’ ovunque. Perché il problema non è tanto quanto guadagnare, ma come farlo: col minimo sforzo, godendosi il massimo profitto. Il mondo facile, senza scelte, né pressione.
È effettivamente il desiderio di una vita: poter avere tutto senza alzare un dito. È però il desiderio di chi non ha ambizioni, o di chi le ha finite troppo presto. Dunque, Axel, che fai? Il primo passo per entrare nei cuori dei tifosi, in fondo, è proprio questo: è la voglia di vincere che determina l’uomo, il calciatore che sei.
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