Questo pomeriggio su Corriere.it è uscito uno scritto del presidente Andrea Agnelli depositato negli atti di chiusura dell’indagine relativa all’infiltrazione della ‘ndrangheta tra le fila degli ultras bianconeri.“Il mantenimento dell’ordine pubblico soggiace a volte a delle necessità che, pur malvolentieri accettate, perseguono uno scopo primario: appunto il mantenimento dell’ordine pubblico. Ma devo ribadirlo con fermezza, i biglietti oggetto di vendita riguardavano esclusivamente persone che guidano il tifo organizzato e rispetto alle quali nessun dipendente Juventus ha mai nutrito il benché minimo sospetto, anche solo di collusioni con associazioni criminali”, ha scritto il presidente bianconero.
L’INCHIESTA
Nel mese di luglio erano state rese note alcune intercettazioni tra Rocco Dominello, secondo la procura legato alla cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, e Alessandro D’Angelo, security manager della Juventus, quest’ultimo comunque non indagato. Stando alle telefonate intercettate, D’Angelo avrebbe detto all’ultras: “Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme, allora se il compromesso è questo a me va bene! Se gli accordi saltano, ognuno faccia la propria strada”. La procura avrebbe interpretato questa frase come: la società concede i biglietti agli ultras – che ne faranno bagarinaggio – in cambio di tranquillità.
LE PAROLE DI AGNELLI SU D’ANGELO E ULTRAS
Il presidente Agnelli, nell’atto scritto, difende il suo dipendente, dichiarando: “È una persona che conosco da sempre, di mia fiducia e che mi dà, nell’inevitabile confronto con i gruppi, dimostrazione di correttezza e soprattutto di onestà”. E aggiunge che il compito che svolge è “estremamente impegnativo in seno alla società, perché comporta necessariamente il contatto con personaggi particolari, che comunque per la legge italiana hanno diritto di accedere allo stadio in quanto non presenti nella black list dei soggetti sottoposti a Daspo”.
Proprio sulle dinamiche di ordine pubblico e sul mondo ultras, Andrea Agnelli si sofferma raccontando che “nel caso delle richieste di biglietti la vendita è stata fatta avendo in mente esclusivamente l’obiettivo di disinnescare potenziali tensioni create dagli ultras sull’evento gara, sulla squadra o, ultimo ma non ultimo, più in generale sull’ordine pubblico”.
E ritornando sul suo dipende D’Angelo scrive: “Ha acconsentito alle richieste di biglietti avanzate dai gruppi, ma sempre nel rispetto delle procedure interne Juventus, a fronte del regolare pagamento degli stessi e soprattutto senza sconti né omaggi. Questo voglio ribadirlo perché in questi giorni alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia, totalmente infondata, che la Juventus avrebbe dato biglietti omaggio a categorie non ricomprese tra quelle precedentemente citate”.
In ogni caso, ad oggi l’inchiesta è ufficialmente chiusa, anche se, secondo la Direzione distrettuale anti-mafia di Torino, una cella della cosca Pesce-Belloco ha realmente creato un gruppo ultras – “I gobbi” – per ricevere biglietti da rivendere poi ad un prezzo più alto.
LA JUVENTUS CHE C’ENTRA IN QUESTA STORIA?
Ciò nonostante, la Juventus non è risultata essere né responsabile e né parte lesa, anche perché nessuno dei suoi dirigenti – appunto nemmeno il manager della security – è stato mai indagato.
Tuttavia, sempre nell’atto di chiusura, il presidente bianconero prende comprensibilmente le distanze da qualsiasi tipo di irregolarità nella cessione dei biglietti, rendendo noto di aver ordinato all’interno della struttura societaria di “ridurre al minimo i biglietti omaggio, lasciando una piccola dotazione alle singole direzioni, e due biglietti per ogni dipendente” aggiungendo che “tutti i tagliandi sono rigorosamente venduti previa presentazione del documento e della tessera del tifoso, in caso di gare in trasferta, per il tramite delle ricevitorie accreditate e in parte della biglietteria interna”.