La sberla di Paulo Dybala

Una stella, in fondo, nel buio più sterile non sa brillare. Non che non ci provi, non che non voglia: è solo che non può. E può prendersela con le trame del destino, con la luna storta, con quel pallone sempre più ingombrante e con quella porta sempre più piccola. Con le solite parole volate via con troppa fretta e giunte in luoghi in cui la fantasia è principale artefice di ogni cosa.
Poi però una strada la trova, quella stella. E più che andare, serve tirare. Una sberla, ad esempio. O più semplicemente una bomba dalla media/lunga distanza. Che d’incanto s’insacca alle spalle del portiere, sciogliendo settimane di leggiadre e chiassose chiacchiere a vuoto.
Niente in meno e nulla in più di un moto perpetuo, di una poesia in costante movimento: che si fa scatto, veloce, rapido, sorprendentemente doloroso. Perché poi è vero: serve sempre soffrire per raggiungere i più grandi obiettivi. Ma questo, Paulo, l’ha già imparato.
Non ha pensato a nulla, Dybala: forse è stato questo il segreto che l’ha riconsegnato al tabellino dei marcatori. Non ha pensato al periodo senza gol, non ha pensato alle parole, alle bozze di critiche, alle presunte risposte. Non ha pensato nemmeno a come si è sentito in questi giorni: non in ansia, ma affamato; non frustrato, però incompleto.
Ha pensato a calciare, a lasciare bene la gamba, a coniare nuove espressioni direttamente col suo sinistro. Ha pensato che, magari, qualcuno dall’alto gli doveva restituire un sorriso.
Ha avuto ragione. Non sarà stato il ghigno più splendente, di sicuro è stato il più rabbioso. L’abbraccio con Lemina scioglie quindi i nodi: Paulo, questo periodo, l’ha sofferto eccome. E una sberla è bastata a ritornare sul trono, incastonato in una figurina che da un pezzo ormai non è più grande di lui. Di consacrazione europea, tuttavia, si spera di poterne parlare più avanti.
Del resto è stato facile, con la Dinamo. Nemmeno esaltante: solo facile. Quasi da passerella, con tanti saluti agli amici di Milano. Eppure tempo e spazio per l’extracampo non faticano ad arrivare: vuoi o non vuoi per Dybala finisci per litigare con la sorte. È che spesso non basta essere legato intimamente col gioco, serve affondare, spingere in avanti il mondo se all’improvviso dimentica i patti siglati con il sangue di mille campi impolverati. Sembrava in procinto di perdere qualcosa, la Joya: l’ha recuperata nel modo più animato e violento che esista. Con la speranza che quest’attimo possa figliarne altri mille di intensa bellezza. Dinamo Zagreb vs Juventus FC
Talvolta serve una sberla, un calcio, un’azione forte e decisa. Paulo ha dovuto scoprirlo scendendo a compromessi con la vita, attirandosi la sete di vendetta di difensori e destino. La crudeltà dei demoni è fondamentalmente questa: non sai in che forma possano apparire, ma sai che torneranno sempre a trovarti. Uno a zero per Paulo, stavolta. Carte pronte ad essere rimischiate, partita intenta a ripartire e gettone inserito.
Una stella, in fondo, nel buio più sterile non sa brillare. Non che non ci provi, non che non voglia: è solo che ha bisogno di tranquillità. Nel freddo di Zagabria, la Juve si è scongelata: è tempo di irradiare il mondo intero. Ancora. Senza filtri. Né demoni.
Cristiano Corbo
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