Ci risiamo, l’ha fatto ancora. Anzi, non soltanto l’ha rifatto, ma si è anche preso la briga di amplificare il gesto, come se la voce per urlare il concetto, da sola, non bastasse più e fosse necessario adoperare un megafono per ribadirlo a quante più persone possibili.
C’E’ UN TEDDY-BUFFON IN OGNUNO DI NOI – Parliamo degli abbracci di Gigi Buffon, monumento d’Italia oramai diventato un po’ l’orsacchiotto che tutti i bambini golosi di calcio probabilmente vorrebbero trovare sul lettone della loro cameretta, per essere rassicurati ed allietati in principio al loro sonno notturno. Insomma, praticamente meglio di qualunque fiaba. E chissà, forse anche agli adulti che si accingono ad affrontare una dura giornata di lavoro farebbe piacere l'”abbraccione” di Gigi. Perchè Buffon non sprona soltanto i compagni durante le partite, ma li rincuora e li consola nel momento in cui sbagliano, talvolta dopo una sonora ramanzina – si veda l’erroraccio di Darmian col Belgio – che tuttavia, da capitano, ritiene anche doveroso compiere.
ABBRACCI DI CUI CI SI PUO’ FIDARE? – E quindi, dopo gli abbracci – di cui secondo qualcuno non ci si può fidare, mentre secondo altri risultano un eccesso di fairplay – riservati a Bernardeschi, a ter Stegen, a Totti, a Lahm e naturalmente al rispettato rivale di sempre Casillas, abbiamo assistito all’abbraccio collettivo concesso ai tifosi della sua Nazionale, di quella maglia azzurra che il portierone sente come una seconda pelle al pari di quella bianconera, e per cui ha versato lacrime amare nonostante abbia più volte parato l’impossibile: miracolando a tu per tu con Piquè contro la Spagna prima, e ripetendosi su Mario Gomez nei fatali quarti contro la Germania poi. Perchè Buffon è anche questo. Un gigante che difende la sua porta da quasi ventuno anni, ma che sente comunque il dovere e la responsabilità, tuttavia non richieste da alcun protocollo o codice etico, di andare a restituire in qualche modo quel calore che i tifosi italiani hanno trasmesso non soltanto a lui ma all’intera Nazionale durante il prosieguo del torneo. Gigi fa proprio quel delirio di vicinanza e di affetto viscerale, trovando reciproco conforto nell’abbraccio a quelle stesse persone che lo hanno osannato ad ogni intervento, ad ogni strigliata rivolta ai compagni e ad ogni cenno d’intesa con gli stessi. E che, in verità, sognavano anch’esse quell’abbraccio caloroso, che proviene dal profondo del cuore di una leggenda del calcio internazionale, che rappresenta un idolo per diverse generazioni, e che manifesta l’umiltà che lo caratterizza ad ogni intervista. E ci è parso, tanto per condire l’insalatona emozionale, che tutto sommato non vi fossero diffidenti. Anzi.
L’IDOLO DI TUTTI – Forse Gigi lo saprà bene, e magari starà compiendo un percorso di studi top secret in sociologia, tant’è che sembra sapere perfettamente quanto l’abbraccio sia sinonimo di una vera e propria terapia per il mantenimento del benessere interiore. In barba alla zona sociale, personale e persino intima che ogni essere umano possiede e spesso difende, soprattutto nel caso in cui quest’ultima dovesse venire minacciata da invasioni altrui non tollerabili. Ma Buffon? Quali muri e difese vorreste sostenere con una leggenda vivente e idolatrata nel mondo? Ecco perchè alla fine di molte partite si assiste sempre più spesso a “carrambate”, con portieri avversari giovanissimi che, al momento in cui Gigi faceva il suo esordio in Serie A contro il Milan difendendo all’età di 17 anni la porta del Parma, non erano ancora nati. Tuttavia sognavano di incontrarlo davvero Buffon col trascorrere del tempo, quel portiere che diveniva idolo assoluto di una prima generazione di ragazzini mentre alzava al cielo di Berlino la Coppa del Mondo. Non resta che chiederlo a Donnarumma, classe ’99 portiere del Milan. Anzi no, perchè è già stato fatto durante la scorsa stagione. E il baby portiere rossonero ha risposto, peraltro in modo del tutto diffidente: “Abbracciare il portiere più forte del mondo, che emozione! Grazie Gianluigi Buffon!”.
Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)