Oggi sono trentuno anni esatti da quel 29 maggio 1985, giorno stampato nella memoria collettiva come uno dei più dolorosi e sconcertanti della storia del calcio. Quella sera Juventus e Liverpool si giocavano la finale di Coppa dei Campioni, in campo interpreti assoluti del livello di Platini, Scirea, Rossi, Rush, Dalglish e Whelan erano pronti a scrivere una pagina indimenticabile del calcio europeo, ma la follia degli hooligans prese, purtroppo, le prime pagine dei giornali.
I più accesi sostenitori inglesi cercarono di invadere la zona di tifosi juventini, composti in quel settore specifico per lo più da ragazzi e famiglie. Quello che era, secondo quel tifo inglese, una manovra intimidatoria, un rituale di “presa della curva”, venne gestito in modo grossolano dalle forze dell’ordine belghe che lasciarono senza un riferimento il settore bianconero. I tifosi juventini, impauriti, si ammassarono sul muro opposto a quello dei tifosi inglesi, creando un sovraccarico della struttura divisoria, che cedette.
Trentanove persone persero la vita, la maggior parte italiani, schiacciati dalle macerie o dalla stessa foga della calca. La finale si giocò per motivi di ordine pubblico, dopo tanta incertezza e in un clima surreale, la Juventus vinse la sua prima Coppa Campioni grazie ad un gol di Platini, ma quel trofeo non è un vanto per nessuno dei vincitori, anzi. Resta solo il ricordo di una delle pagine più tristi della nostra Nazione, dello sport, resta un punto di svolta verso un calcio che non può permettersi simili pericoli per quel tifo sano e genuino, per famiglie, ragazzi e bambini.
Restano trentanove lacrime, e poco più.
Roberto Moretti
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