Leonardo Bonucci ha vinto la finale. La sua finale, contro quanti ancora lo criticano e ignorano la sua importanza per questa Juve. E sì, anche senza giocare: dalla tribuna, in giacca e cravatta, ma col solito stile. Ecco: quello stile e quella classe, ieri sera, mancavano. Pure tanto, troppo. È che Leo, a testa alta, si trova sempre al posto giusto, a fare la cosa giusta: chiudere, recuperare o impostare che sia. E sì, bravo Barzagli, ma Bonnie in quel ruolo è tutt’altra cosa: è letteralmente uno dei migliori al mondo.
Sessantré passaggi di media a partita, con l’ottantasette percento di precisione e un passaggio-chiave ogni due partite. Basterebbero questi dati per capire quanto e come sia importante Bonucci, nella costruzione del gioco e pure nel dare sicurezza all’intera manovra. Ieri, più di ogni dato, è stata evidente l’incertezza nelle decisioni: se quando c’è il numero diciannove in campo si ha sempre uno scarico sicuro, senza di lui è più facile andare in panico – e si è visto.
Il settantasei percento di passaggi riusciti, ben al di sotto della media stagionale dell’ottantacinque percento, lo dimostra: Chiellini ha provato dodici passaggi lunghi, sbagliandone ben otto; una tendenza a tratti irritante, oltre che penalizzante. Lo stesso Rugani, che nelle ultime uscite aveva mostrato grande sicurezza, è apparso sottotono: il novantadue percento di passaggi riusciti di Milan-Juve del nove aprile, è diventato un discutibile settantaquattro percento.
Insomma: tutto ciò, insieme all’assenza di Marchisio, ha dato non pochi problemi alla costruzione della manovra bianconera. Dato che si è tradotto nella difficoltà a sbloccare l’incontro. Sarebbe stato meglio, forse, puntare sulla difesa a quattro – secondo quanto detto dallo stesso Allegri, il vero “sostituto” di Bonucci. È un chiaro segnale per il mercato: dato che è difficile trovare un regista difensivo al livello di Bonnie, sarebbe opportuno cercare un regista basso di qualità. Marotta e Paratici sono avvisati.
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