L’addio di Ale, commosso. Ma anche no…

Quattro anni è il tempo che intercorre tra un’Olimpiade e l’altra, tra un anno bisestile ed il prossimo (comodo nascere il 29 febbraio!), tra l’ultima partita di Ale Del Piero ed oggi, 13 maggio.

Pressappoco anche l’orario coincide, dato che Juventus-Atalanta si gioca in un fresco e luminoso pomeriggio di metà maggio. Ah, il maggio torinese. La dolcezza fatta meteo, sempre ammesso che non piova.

22_juve_scudetto_delpieroTutto perfetto. Antonio Conte che schiera il capitano dall’inizio. Il capitano che ringrazia il mister e segna una rete delle sue, con finta e controfinta incorporate. La sostituzione a metà tempo e lo Stadium che si alza in piedi in uno degli applausi più sonori e struggenti che si siano mai tributati ad un eroe, che è l’amico, il fratello, l’alter ego, con cui si è cresciuti e si è condiviso la juventinità.

Tutto perfetto, tranne quella orrenda maglia rosa con cui, per vecchie clausole di un contratto stipulato con uno sponsor in periodi da canna del gas, i nostri scendono in campo per l’ennesima volta.

E mentre 22 baldi giovani trascinano una partita svuotata del benché minimo interesse, il signor Ale racchiude in un giro d’onore da brividi, 19 anni di Juve. Di più. Se è vero che il Barone Causio relazionava il presidentissimo Boniperti su un ragazzetto padovano, anzi trevigiano, che aveva poco più di 15 anni, almeno 4 anni prima dell’esordio in prima squadra. Causio usa un’enfasi talmente perentoria da convincere il presidente a scucire una miliardata di lire per quel quindicenne. Un’esagerazione per le mani proverbialmente serrate di Gianpiero Boniperti. Mai soldi furono spesi così bene.

Questa è la cronaca che si trasforma in leggenda. Ma da qui si dipartono i rivoli delle opinioni e delle posizioni differenti. Perché tutto si può dire di Del Piero, ma che non sia una “gloria” bianconera che abbia diviso i tifosi e fatto discutere gli stessi sul suo conto, questo no.

Alessandro Del Piero, per puro elenco di spunti di confronto, è l’autore della rete al River Plate a  Tokyo, ma anche il principale artefice della sconfitta agli europei 2000 in Olanda. Durante l’estate di Calciopoli sceglie di scendere in B con la squadra, ma non  pronuncia mai una frase a favore della Triade, quella stessa dalla quale aveva strappato il contratto più faraonico della storia della Juventus, pur essendo infortunato gravemente. Alessandro Del Piero è il giocatore che si è rifiutato di arretrare da trequartista nella gestione Capello, aumentando sensibilmente lo score personale, ma rischiando spesso di restare fuori formazione. Chi pensa che nell’estate del 2006, senza la deflagrazione di Calciopoli, Ale sarebbe stato ceduto per incompatibilità col tecnico, non è certo lontano dalla verità. Una volta retrocessa, Ale prende la squadra per mano (con Nedved, Camoranesi, Trezeguet, Buffon, per dovere di cronaca) e la riporta dove le compete, ma non difende mister Dechamps, suo vecchio compagno, in società. Porta la squadra in Champions, da neopromossa, uno dei tanti record bianconeri. Magari è il momento di salutare tutti, per non incorrere nella fatale azione del tempo. Ma Ale continua e continua l’amore infinito per “la cosa più bella che c’è”. Cambiano i vertici societari e con essi cambia la temperatura dei rapporti. Se prima Del Piero si permetteva il consiglio, ora l’imput diventa: stai al tuo posto. L’intento di firmare in bianco l’ultimo contratto viene avvertito come un tentativo di mettere la società con le spalle al muro. Morale: il neopresidente Andrea Agnelli taglia corto sul contratto fin da ottobre. Rien ne va plus.

Il 13 maggio ci si attenderebbero gli scarpini di Ale appesi al fatidico chiodo ed invece no. Del Piero continua, il più lontano possibile dalla Juventus, addirittura dall’altra parte del globo, come una sorta di radicale lontananza da corso GalFer. Implicazioni freudiane?

boniperti del pieroOra il capitano passeggia per le vie centrali di Torino, accudendo agli interessi commerciali e forse con la segreta speranza di una chiamata in società. Che però l’avere giocato a calcio a livelli stratosferici non sia necessariamente sintomo di capacità dirigenziali, è Del Piero il primo a capirlo.

E la dicotomia tra i pro ed i contro si alimenta di puntata in puntata, tra coloro che hanno visto una quantità notevole di numeri 10 come Ale, prima di lui e coloro che identificano la Juventus con lui. Perché se non si può che osannare le gesta del capitano in campo, qualche remora può sorgere all’esterno. E tutto è Juve, anche le interviste, le partecipazioni a Ballando con le stelle (possibilmente 3!), i libri scritti in compartecipazione con giornalisti forcaioli durante Farsopoli.

Il mondo Juve è un grande moloch dotato di vivida memoria, esposta nel J-Museum e sigillata in qualche cassetto, di una qualche stanza, di una palazzina a fianco della G.A.M., la Galleria di Arte Moderna, nella città di Torino. Nel bene e nel male, nei giorni di gloria e nei risvolti più bui, il moloch impera. Ad esso non si può sottrarre nemmeno Alessandro Del Piero da San Vendemiano, provincia di Treviso, nel giorno in cui si commemora il suo commiato dai campi di gioco italiani.

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