Era la notizia fondamentale. Non che si potesse dubitare delle dichiarazioni dell’allenatore, che aveva tranquillizzato da subito in merito ai suoi piani futuri, ma la firma sul contratto significa soprattutto la continuità di un progetto vincente e ambizioso. Perché contare su un arco temporale di un biennio è una garanzia di poter pianificare un’altra fase per la Juventus, con l’obiettivo evidente di tornare a competere per la vittoria in Europa, ma che dovrà inevitabilmente avere a che fare con qualche colonna della squadra che si avvicina, per mere questioni anagrafiche, alla parte conclusiva della propria carriera. E Massimiliano Allegri ha dimostrato di essere un tecnico capace e dotato di una caratteristica, quella della flessibilità mentale, che distingue i vincenti dagli integralisti alla Zeman. Ricordiamo l’abbandono del 3-5-2 nella scorsa stagione per essere più vincenti in Europa, al suo reintegro in questa stagione quando per rafforzare la struttura di una squadra che doveva combattere, non senza affanni, con una profonda ristrutturazione del suo impianto di gioco.
Qualche sassolino. Il mister, come è nel suo stile, non ha speculato sulla sua posizione di vincitore per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, eppure ne avrebbe avuti. Dalle critiche ricevute per la gestione di Dybala ad inizio stagione, alle ironie di ottobre quando “la Juve che ha fatto 5 punti in 6 partite al massimo potrà salvarsi quest’anno”. Per continuare con le previsioni di crollo davanti al Napoli che “vincerà a Torino perche gioca con la mia mentalità, Z. Zeman”. Appunto. Lo striscione a lui dedicato dalla curva Scirea chiude poi definitivamente la porta allo scetticismo iniziale della tifoseria bianconera, dovuto soprattutto alla provenienza rossonera ed al gol annullato di Muntari. Si può obiettare che la posizione di vincente Allegri l’ha fatta valere soprattutto con la società nel momento di discutere le cifre del nuovo accordo, ma questo fa parte del potere del sistema capitalistico applicato al calcio business di oggi. Che è quella che il tifoso ama di meno, ma che è quello che funziona oggi.
Gli underdog. Al di fuori della serie A, questa è stata una stagione di grandi sorprese, quella dove Davide ha annientato Golia. Il Leicester ed il Crotone gli esempi eclatanti. E’ bello così, nel calcio bisogna metterci anche cuore e competenza, non si vince soltanto con i soldi. A meno di dare retta a Sarri, poi eliminato dall’Europa dal piccolo Villareal. Quella juventina non può essere certo definita una sorpresa, anche se certamente lo era a fine autunno; e bisogna ricordare che i bilanci si aggiustano anche perché si vince con fuoriclasse presi a parametro zero. E’ meritato l’elogio unanime a Ranieri, tecnico italiano del Leicester, che adattando il suo gioco ai giocatori a disposizione e sfruttandone al massimo le doti atletiche e di carattere ha mostrato che si può vincere anche senza tiqui taca (la mia impressione è che l’era sta passando). Ma bisogna capirne di calcio.
Salvatore Arpaia