Non è stata una stagione facile per Nicola Rizzoli. A metà febbraio l’infortunio al polpaccio che gli fece saltare la direzione di Juventus-Napoli, poi le polemiche post derby Toro-Juve e infine il rigore con concesso al Barcellona in Champions contro l’Atletico Madrid. Una pressione non facile da gestire, ma il direttore di gara di Mirandola, in esclusiva a “La Gazzetta dello Sport”, conferma di avere ancora voglia ed energie per continuare a lungo la sua carriera:
POSSIBILE RITIRO? – “Ma quando mai… Sono motivato come a inizio carriera e i test atletici di questi giorni hanno tempi ottimi. C’è chi ha stravolto alcune frasi dette durante il raduno Uefa. Ripeto il concetto: sono uno che fa un passo alla volta. Quindi, ora sono concentrato sul campionato, poi sarà la volta dell’Europeo. So bene che c’è un limite a 45 anni: li farò in autunno, ma esistono le deroghe. Specie per gli arbitri top class. Ecco, credo di essere stato chiaro…”.
POLVERONE CREATO DAL NULLA – “Beh, la cosa che mi ha dato più fastidio è stato il polverone su Bonucci: creato dal nulla. La foto? Appunto, fatta girare sui social e accompagnata da commenti di ogni tipo. Ok i nuovi mezzi di comunicazione, ma chi fa questo di professione dovrebbe stare più attento e dare informazioni complete. Si è preso un frame e da quello si è dato per scontato addirittura che ci fosse stata una testata. Altre foto danno il senso della distanza e poi basta vedere il video per capire che non c’era nessun caso Bonucci”.
CASO KEITA, E DISTANZE GIOCATORE-ARBITRO – “Non esiste una regola, ma è ovvio che un calciatore non può avere atteggiamenti aggressivi. Ecco perché s’insegna ai giovani arbitri di tenere le distanze. Detto ciò, molto dipende da come un giocatore si approccia e dalle caratteristiche personali. Prendiamo Keita: è venuto da me in modo tranquillo, senza gesti o parole concitate. E siccome sono un arbitro aperto al confronto, l’ho accettato. Se avesse usato toni sbagliati glielo avrei impedito. Con Bonucci andiamo oltre: sono stato io ad andare da lui perché stava protestando con l’addizionale. L’ho portato via e siccome continuava a dire che non era rigore, è stato ammonito. Nessuno in campo, nemmeno del Torino, ha percepito qualcosa di sbagliato. Poi ci hanno pensato i social…”.
TORO-JUVE – “Non è stata la mia miglior direzione? Può essere, probabilmente ho fatto alcune valutazioni sbagliate sulle ammonizioni da dare. Così come c’è dispiaciuto per il gol del Torino annullato per un fuorigioco inesistente. Ma non era una chiamata semplice come è stato detto”.
MOVIOLA IN CAMPO – “Nessuno di noi è contrario alla tecnologia, può solo farci piacere. Ma deve essere certa, come sul gol non gol. Ad esempio l’uso del fuorigioco può dare dei problemi: basta fermare l’immagi- ne un attimo prima o dopo per cambiare decisione”.
POLEMICHE BARCELLONA – “Vero, in quella situazione sarebbe servita eccome la tecnologia. Il motivo della svista? Dalla mia prospettiva non ero sicuro che il braccio fosse dentro l’area. Tra l’altro ho avuto il dubbio che ci fosse stata una carambola sull’altra mano che era certamente prima della linea. Un errore, ma lo sa che cosa è accaduto negli spogliatoi? I giocatori del Barcellona e i dirigenti sono venuti nel nostro spogliatoio a farci i complimenti. Nessuna protesta. “Hanno meritato loro di passare” il loro commento. Si chiama cultura sportiva, in Italia non sappiamo cosa sia“.
IN ITALIA MANCA LA CULTURA SPORTIVA – “Mi riferisco a tutto. Prendiamo il caso Vardy in Inghilterra: il Leicester è a un passo dal lieto fine di una favola bellissima, ma nessuno grida allo scandalo perché il loro attaccante più forte è stato fermato due giornate dopo le parole di troppo dette all’arbitro e dimostrate con la tv. In Italia sarebbe scoppiato il finimondo: da noi quando un giocatore è squalificato per degli insulti si fa sempre ricorso sostenendo che non ha mai detto quelle frasi. Serve aggiungere altro?”.