Data per scontata la pazienza dell’apprendista, senza fiducia in se stesso, e quella della Juve in lui, da gennaio Daniele Rugani avrebbe reso meno permeabile la difesa dell’Arsenal, o dato una mano a quella del Napoli. Del resto, nelle ventisette partite del 2015, i bianconeri gli avevano offerto una sola sfida da titolare, nel derby di Coppa Italia contro il Torino ed altri tre spezzoni di gara, per un totale di 137 minuti.
L’estate scorsa, al suo arrivo, Rugani trovò una squadra che stava smontando il centrocampo (via Pirlo e Vidal) e l’attacco (via Tevez), non la difesa. Anzi da sfidare restavano Barzagli, Bonucci, Chiellini e Caceres: il peggio che ti possa capitare, per una punta o per una recluta in cerca di un posto. Come riporta La Stampa, la concorrenza mobilita e nobilita, ma ti può anche affossare. Allegri, per diversi motivi, decise di innestarlo a piccole dosi: a volte, con eccessiva cautela. Hanno avuto ragione entrambi e tra infortuni (Caceres e Chiellini) e squalifiche (Bonucci), Rugani si è preso la ribalta in queste partite decisive. L’allenatore gliel’aveva detto, anche quando non sembrava aria: “Non ascoltare la Tv e i giornali, allenati”. Cioè, arriverà il tuo momento. Era questione di rodaggio, perchè sulle qualità, l’ad Beppe Marotta e il ds Fabio Paratici non hanno mai avuto dubbi.
Di Rugani non bisognerebbe dimenticare l’età e la maglia che indossa: in fondo, Barzagli, Bonucci e Chiellini, i migliori in circolazione, a 21 anni erano ad Ascoli, Treviso e Firenze.