C’era una volta il “rumore dei nemici” di Mourinhana memoria. Quello che consentiva di gonfiare il petto, quello che ti faceva capire di aver davvero messo un piede davanti a tutti, quello che per intenderci rinsaldava il detto “molti nemici, molto onore”. Un concetto antico quanto il mondo ma che rende bene l’idea che nel calcio è quasi un caposaldo: chi vince sta antipatico. Figuriamoci poi se quello che vince ti ha portato via la vetrina anche in quella che era stata la squadra che ti aveva consacrato come vero e proprio guru del mondo pallonaro.
I siparietti: no, lo Special One non c’entra più nulla con la Juve né con la rivalità viscerale che c’è adesso con in nerazzurri. Quello che sta succedendo in queste ore riguarda un altro allenatore di fama mondiale: Arrigo Sacchi, ex allenatore di un Milan definito tra i più belli della storia nonché CT della spedizione mondiale di USA ‘94 i cui sogni si sono infranti sul rigore sparato alle stelle dal Divin Codino Roberto Baggio. Sacchi continua ad essere considerato da moltissimi addetti ai lavori l’inventore di un calcio nuovo, forse a ragione, anche se quasi altrettanti fanno sempre notare come in quel Milan, in quell’epoca, la presenza del trio Rijkaard – Gullit – Van Basten era quasi da considerare illegale. Ebbene, sono ben note le diatribe tra l’ex CT e il nostro attuale allenatore, che è salito alla ribalta nazionale conquistando il suo primo scudetto proprio con i rossoneri di Milano. Allegri col Milan in tre stagioni è arrivato primo, secondo e terzo, andando anche ben oltre le aspettative in numerosi incontri di Champions League, e la cosa deve aver suscitato qualche invidia nell’attuale opinionista di Mediaset. In diverse occasioni nello speciale post partita delle gare europee della Juve i due non si sono risparmiati, fino al botta e risposta infuocato, a distanza, di un mese fa. Sacchi attacca associando la Juve niente meno che al Rosenborg, evidenziando lacune nel gioco che tanto lo ha reso famoso: “A livello di società è avanti a tutti di dieci anni, ma non coniuga i tre verbi come facevamo noi nel grande Milan. Cioè: vincere, convincere e divertire. Ne coniuga appena uno, vincere. In Italia può bastare, perché pure il Rosenborg vince sempre lo scudetto in Norvegia, ma in Champions League no. Questo a mio parere è un limite”, continuando nel dettaglio su Allegri: “Io divido gli allenatori in tre categorie. La prima è quella che comprende un piccolo drappello di geni, di innovatori, che mettono il gioco al centro del loro progetto. La seconda è quella degli orecchianti che seguono la moda senza sapere un granché. La terza riguarda quelli orgogliosamente aggrappati al passato, che fanno della tattica esasperata il loro modus operandi, che sono ingessati a un solo sistema di gioco. Max è una via di mezzo tra le prime due: è un grande tattico, sa cambiare in corsa, però non deve accontentarsi solo di vincere”. La risposta di Allegri non si fece attendere e recitava grosso modo così: “Il bello del calcio è questo, quindi io rispetto le idee di tutti e soprattutto di Sacchi, che è uno che ha stravolto il calcio, è un guru del calcio, quando parla lo ascoltiamo. Poi uno può essere d’accordo o non d’accordo, ma fa parte della vita, quindi non vedo tutta questa problematica, non ce n’è. Al Rosenborg non posso che fare i complimenti perché è una squadra che ha vinto tantissimi campionati e ha una storia che va rispettata”.
Il cambio di rotta: a circa un mese di distanza, oggi una nuova dichiarazione dell’ex CT che sembra aver cambiato completamente opinione. In una lunga intervista a Radio Onda Libera e ripresa anche da Tuttosport, Sacchi ha raddrizzato il tiro, sottolineando ancora qualche carenza in Europa ma dimostrandosi molto più conciliante, soprattutto su Allegri: “E’ cresciuto tanto, dimostra capacità e destrezza. Lo si è visto fin dall’anno scorso quando ha raccolto un’eredità importante quanto pesante e non è stato accolto coi fuochi d’artificio da una parte dei tifosi. Allegri è un allenatore intelligente e un grande tattico che sa di calcio. La sua è gestione e creatività. Adesso va fatto un ulteriore sforzo per internazionalizzare la squadra, è l’ultimo step di un ottimo lavoro per vincere anche in Europa”.
Sembra incredibile sia passato solo un mese. Si sa, far cambiare idea ai “nemici” è la cosa più difficile in assoluto, forse ancora di più diventare simpatici a chi stiamo invisi. Del resto, solo gli stolti non cambiano mai idea. La grande partita contro il Bayern all’Allianz Arena e la determinazione con cui la Juve è tornata al comando in Italia devono aver convinto anche i più incalliti detrattori. Chissà che non abbia inciso su questo giudizio anche la fresca vittoria di sabato contro il “suo” Milan a san Siro.
Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro)