Nicolò Fagioli, rientrato dalla squalifica, ha parlato del tornado vissuto in questi mesi. Un’intervista da brividi
La luce in fondo al tunnel. Fagioli è rientrato da poco dalla squalifica per scommesse scontata dallo scorso ottobre. Il classe 2001 vuole riprendersi del tutto, dalla Juventus alla Nazionale. Non è possibile tuttavia guardare al futuro senza pensare al passato. Un trascorso in cui il ragazzo di Piacenza non vuole più cadere, come espresso nell’intervista a “La Gazzetta dello Sport”:
“Sono un ragazzo fortunato ma sono stato inghiottito da un vuoto che non guarda in faccia nessuno, non distingue per classe sociale”, ha raccontato. Dopodiché ha spiegato senza filtri come tutto è nato e, soprattutto, come lo ha portato alla squalifica: “È cominciato tutto come un gioco. Scommettevo, tanto, ma non sulla mia squadra o su di me. Non volevo violare dei principi ai quali credo. So che sembra grottesco che io usi questa parola, ma per me è importante. Ho perso completamente il controllo di me stesso nel gennaio 2023. Giocavo male, mi allenavo peggio. La testa era altrove. Il centro della mia vita erano le scommesse, non più il calcio”.
Rialzarsi dopo la caduta: Fagioli, la sfida più difficile
Nel corso dell’intervista Fagioli ha raccontato un aneddoto accaduto sotto gli occhi di tutta Italia. Era a Reggio Emilia e, appena sostituito, in panchina scoppiò in lacrime. Tutti pensavano che era uno sfogo per il grave errore che permise al Sassuolo di segnale, ma invece c’era molto di più.
Il racconto da brividi di Fagioli: “Quando sono scoppiato a piangere, nella partita con il Sassuolo, non era solo per aver messo in difficoltà la mia squadra, ma perché in quel momento è scesa una cappa nera, tutto mi sembrava negativo, tutto scuro. Avevo sbagliato un pallone, ma il mio errore più grave era dentro di me. Il problema è che non ero più padrone di me stesso. Il gioco mi aveva divorato la vita, era diventato un assillo, un incubo.”
Tutto è nato dalla… noia. Proprio così. Quelle ore post allenamento per Fagioli sembravano infinite e andavano riempite in qualche modo: “Se non hai altri interessi, quell’abisso ti attira. Io mi annoiavo, sembra assurdo ma è così. Il successo non è un’armatura che resiste alla solitudine, non ti consente, come una corazza, di far rimbalzare le coltellate del tempo vuoto. La noia mi ha rovinato la vita. E poi ogni problema, anche il più stupido come un litigio o una partita sbagliata, dovevo compensarlo con le scariche di adrenalina che mi dava il gioco. Ogni volta che usavo quel maledetto cellulare, ogni giorno e tante volte al giorno, mi sentivo come se fossi in campo.”
Fagioli e il supporto dei compagni di squadra
La scoperta della malattia è stata la fine di un incubo per Fagioli che, a sua detta, si è trovato spalle al muro e consapevole degli errori che stava compiendo. Da lì Nicolò ha compreso ed è ripartito da capo, anche grazie all’aiuto dello psicologo, dei compagni e della Juventus: “Mi ha aiutato in primo luogo la società: rinnovandomi il contratto mi ha dimostrato grande fiducia e vicinanza. Poi mister Allegri e i compagni. Penso a Locatelli, Gatti, Chiesa, Bremer, Vlahovic. Con l’aiuto dello psicologo, ho combattuto. Per evitare la tentazione di sporgermi dalla balaustra sul vuoto, ho riempito le giornate dopo gli allenamenti: tennis, padel, sedute di analisi, incontri con le scuole. Per anni ho tenuto questo segreto di fango solo per me, ora posso parlarne.”
La situazione è migliorata, ma non si può cantar vittoria così presto: “Non ho smesso e non smetto di combatterla. Sarei un bugiardo se dicessi che non riaffiora, che non fa sentire ogni tanto il suo canto seducente. Ma ora lo domino pensando sem- plicemente a quanto male mi ha fatto. E so che non esiste “lo faccio una volta sola” perché quella biscia ti avvinghia e non ti molla più. Penso ora che il gioco sia una cosa da sfigati”.
La convocazione di Spalletti e le nuove sfide con la Juve
Ora per Fagioli si avvicina l’alba di nuove sfide, di nuovo nel rettangolo verde. Gli sprazzi del talento del centrocampista si sono rivisti già dagli ultimi impegni stagionali dei bianconeri. E la grande sorpresa è stata la pre convocazione nei trenta di Spalletti per l’Europeo che si giocherà fra poco in Germania. Una notizia che ha spiazzato l’Italia intera e, in primis, lui stesso: “Non me l’aspettavo, ma ci speravo. Ora voglio dare la vita per essere nella lista per l’Europeo. Se non dovessi riuscirci, tiferò per gli azzurri. Ho cominciato a giocare a quattro anni, a sedici sono andato via di casa perché la Juve mi ha chiamato. Ho lasciato i miei genitori che mi hanno sempre seguito senza mettermi pressioni. Mamma è impiegata, papà distribuisce medicinali e sono stati molto preoccupati per me. Ora li immagino felici e vorrei fossero orgogliosi di me con la maglia azzurra.”
Dopo la Nazionale, sarà tempo di rituffarsi in orbita Juventus, dopo Fagioli non vede l’ora di cominciare un nuovo capitolo della sua ancor breve carriera con una nuova guida tecnic: “Vorrei essere il regista della Juve del futuro. Nasco trequartista, ruolo in sparizione. Poi Pirlo e Allegri mi hanno fatto capire che potevo schierarmi davanti alla difesa e guidare il gioco. Ora mi sento pronto a farlo, anche se non rimuovo la voglia, ogni tanto, di segnare. La Juventus ha davanti cinque competizioni. Sarà bellissimo giocare ogni tre giorni. È quello che piace a me. E il prossimo anno il nostro obiettivo, come sempre per la Juve, è vincere lo scudetto.” Tutta l’Italia si augura che per Fagioli il passato sia ormai alle spalle e che il futuro sorrida non solo al centrocampista, ma anche ai tifosi bianconeri e della Nazionale che non vedono l’ora di vedere il suo talento cristallino.