Un po’ stratega e un po’ Pieraccioni nell’animo da “toscanaccio”, Massimiliano Allegri al momento è soprattutto il migliore allenatore italiano in circolazione, e non soltanto per la conquista della recente panchina d’oro relativa ai risultati ottenuti durante la stagione 2014/2015.
La storia bianconera del tecnico della Juventus sembra ripetersi ad ogni anno, quando ai nastri di partenza di campionato e coppe, per un motivo o per un altro, il suo operato viene sempre messo in discussione. Accadde al suo approdo a Torino, a poche ore dopo dalla caduta di quel fulmine a ciel sereno rappresentato dall’addio di Conte. Allegri dovette infatti conquistare sorrisi e simpatie dei tifosi, soggiogati dal triennio “contiano” grazie al quale la Juventus riuscì a tornare protagonista assoluta del campionato italiano dopo i settimi posti avvilenti di, oramai, una vita fa. Quest’anno la storia si ripete a fine ottobre, dopo la sconfitta del Mapei Stadium. Una Juve 2.0 la sua, partita con la bruciante sconfitta interna contro l’Udinese e soprattutto mai convincente nella proposizione di un gioco armonico sino alla prodezza balistica di Nicola Sansone, che di fatto ha scaraventato la squadra bianconera nel baratro della metà classifica. Un disastro per chi, sino a pochi mesi prima, contendeva la Champions League al Barcellona dei fenomeni. La fiducia nei confronti di Allegri, divenuto sempre più bischero agli occhi dei tifosi, era dunque giunta ad un punto di non ritorno nonostante la grandiosa cavalcata compiuta su tre fronti sino a giugno 2015.
Tuttavia, il genio di Livorno non si scompone più di tanto e, improvvisamente messo da parte dai riflettori dei media per via di un ritardo di classifica giudicato troppo importante per essere annullato sino al termine della stagione, comincia a macinare punti, partita dopo partita. Le prestazioni della Juventus migliorano, e portano al filotto di 15 vittorie consecutive che hanno fatto sognare e riportato prepotentemente la squadra ancora una volta in vetta, tornata ad essere a detta di tutti la favorita del torneo. Nel mezzo i capolavori di Allegri, portati avanti innanzitutto dal credo più consolidato sulla faccia della terra: “ci vuole equilibrio nelle cose”. Lui per primo, che nelle interviste post-gara relative al periodo in cui le cose andavano male si è sempre mostrato cordiale e talvolta pronto a smorzare i toni con una battuta, da bravo “ragazzotto” di Toscana qual è. Carattere, personalità e capacità.
Il capolavoro sfiorato a Monaco, attraverso la soluzione tattica e la preparazione esemplare di un quarto di finale in cui troppi hanno dato la sua Juventus per spacciata sino alla vigilia del match di ritorno. Perchè Allegri è cosi in fondo. E’ un tecnico preparato, ma che non ama farsi coinvolgere troppo dalle situazioni e dai momenti. Nessun dramma nei momenti delicati, perchè un uomo di calcio sa perfettamente che le cose potrebbero prendere pieghe diverse in un breve lasso di tempo. Allo stesso modo nessun giubilo a meno di risultati divenuti ufficiali, perchè mantenere sempre alta la concentrazione e la tensione dei suoi ragazzi fa parte del carattere motivazionale che alberga in ogni allenatore. E poi i fatti, costituiti dalle vittorie in primis ma anche dal gioco, tornato inaspettatamente spavaldo. Allegri adesso si ritrova ancora una volta col primato in mano, e con il sogno di essere proprio lui ad eguagliare quel vecchio record di cinque scudetti consecutivi vinti dalla Juventus. E, perchè no, provando anche a bissare il successo in coppa Italia contro il Milan.