Allegri prova a compattare il gruppo in vista delle partite decisive nelle prossime giornate che definiranno gli equilibri della stagione.
La Juve è arrivata in un momento molto importante della sua stagione. Domenica sera ci sarà la super sfida di campionato contro l’Inter e il sogno dei tifosi bianconeri è quello di riuscire a vincere il big match per sorpassare gli storici rivali in classifica e agguantare il primo posto in solitaria.
In un’annata come questa senza coppe europee molti tifosi ed addetti ai lavori chiedono al tecnico juventino Massimiliano Allegri di tornare a vincere lo Scudetto mentre l’allenatore livornese continua a sostenere che il quarto posto sia l’obiettivo più realistico.
McKennie svela: “Mi ci è voluto una cosa come un anno e mezzo per capire Allegri”
In mezzo a questo momento è giunto quest’oggi il “Giorno del Ringraziamento” una festività tipica per la popolazione degli USA. In merito a ciò sul canale YouTube di B/R Football sono stati intervistati i due calciatori statunitensi della Juventus: Weston McKennie e Timothy Weah. Nel corso di questa intervista sono stati trattati diversi argomenti e uno in particolare ha colpito l’attenzione degli spettatori e dei tifosi della Vecchia Signora.
Il centrocampista ex Leeds e Schalke 04 ad un certo punto parlando della sua comprensione della lingua italiana si è lasciato scappare una frase divertente: “Mi ci è voluto una cosa come un anno e mezzo per poter capire davvero cosa dicevano Allegri e Pirlo durante le riunioni. Prima li guardavo e mi chiedevo: ‘Oddio, dice due tocchi? Tre tocchi? Mi vuole lì o no?’. Ora però non sono così pessimo in italiano, sono decente. Ma Weah mi ha sorpreso, capiva già dopo poco tempo”.
Quelle di McKennie non saranno certamente dichiarazioni che avranno soddisfatto del tutto il suo tecnico Max Allegri. Difficilmente il tecnico ex Milan e Cagliari esulterà sapendo che uno dei suoi uomini in passato scendeva in campo non avendo totalmente chiare le indicazioni fornitegli dal suo stesso allenatore. Per Weah invece a quanto pare è tutto più facile fin dalla prima stagione, probabilmente in questo può aver influito anche la cultura del padre che ha giocato per ben cinque anni con la maglia del Milan tra il 1995 e il 2000, quest’ultimo anno in cui è nato l’esterno della Juve.