In una serata climaticamente molto british la Juventus ha regolato l’Inter con il classico punteggio all’ inglese in quella che, probabilmente, è stata l’ultima partita di cartello disputata allo Stadium nell’attuale stagione agonistica.
Prima vittoria da capolista e, auspicabilmente, di una nuova brillante striscia che dovrebbe condurre Madama a calare un pokerissimo storico, peraltro addirittura suscettibile di miglioramenti dai contorni leggendari, se la caratura globale dell’ex campionato più bello del mondo persevererà la sesquipedale mediocrità del decennio in corso.
Il successo bianconero è stato netto, meritato e di grande spessore perché ottenuto a pochi giorni da un impegno di Champions League estremamente logorante e a spese di un’avversaria sì modesta, ma resa potenzialmente pericolosa dalla disperata necessità di punti utili a evitarle un ulteriore, drastico ridimensionamento.
Ogni pretesa di assistere a un altra rutilante festa del calcio sarebbe stata un esercizio per sprovveduti del tutto fuori luogo, giacché la miscellanea di pioggia, muscolarità degli ospitati e importanza della posta in palio avrebbe solo potuto generare una gara di lotta, anche rabbiosa, tra un ottuso mastodonte, nello specifico di nerazzurro vestito, e un velociraptor, meno possente, ma più incline a muoversi armonicamente in branco e ad affondare i colpi con spietata efferatezza sul fianco lasciato scoperto dall’antagonista per insipienza, lentezza o entrambe le cose insieme.
La strategia Allegriana, pur lontana anni luce dalla visione del football che lo scriba predilige si è svelata comunque pagante. L’armata Brancaleone di Robertino dal ciuffo, costretta ad assumere un’iniziativa di cui non sapeva che farsene, ha traccheggiato mestamente alla ricerca dell’ago nel pagliaio, senza sapere dove fosse, il pagliaio, e che forma avesse l’ago.
Per capriccio di Eupalla, imprevedibilità del gioco e, appunto, errori altrui, le ferite che hanno determinato l’abbattimento dell’invisa compagine meneghina non sono state inferte a seguito delle azioni più linearmente limpide. Inutile sottilizzare troppo sulle circostanze che hanno premiato con la soddisfazione di graffiare il tabellone tanto Bonucci, indiscutibile migliore in campo, quanto il damerino madrileno, procacciatore e inappuntabile esecutore del penalty che ha fissato il punteggio sul 2-0; conta solo il bollettino finale che, tra l’altro, è pure eccessivamente stringato.
Vittoria di squadra, quindi, e poco importa che la lucentezza delle stelle più attraenti, con l’eccezione di A. Sandro, sia stata appannata dall’umidità e/o da congiunzioni astrali sfavorevoli; hanno sopperito i lottatori, Mandžukić in primis, ma nessuno si è sottratto alla pugna, neppure Hernanes, apparso per la seconda volta consecutiva meno distopico di quanto sarebbe stato lecito supporre.
Pur sconclusionata e malamente affastellata, la rappresentativa Manciniana nei minuti conclusivi è riuscita a produrre un paio di spunti che hanno permesso a Buffon di giustificare la sua presenza in campo e, contemporaneamente, di migliorare il suo personale record d’imbattibilità, ora portato a 746′. Il “vizietto” di allentare l’attenzione quando negli spogliatoi già scorre l’acqua calda deve essere corretto, così come, a prescindere dall’opposizione, deve essere accelerata la circolazione della palla; sono aspetti da migliorare in un’ottica di crescita europea e il torneo nostrano dovrebbe servire anche e soprattutto ad allenarne il perfezionamento.
A stretto giro di posta, sul terreno del Meazza e con schieramenti sicuramente diversi i Campioni d’Italia e la combriccola di Thohir si ritroveranno per certificare, con il quarto atto della loro annata, l’esito di una semifinale che dopo la gara d’andata non presenta incertezze di sorta.
Prima, però, sarà curioso sbirciare quanto accadrà nella Medicea, e particolarmente intrigante capire come reagiranno i partenopei al virtuale svantaggio di quattro lunghezze; una pistola in faccia che potrebbe ulteriormente debilitarne le velleità di primato e dirottare le loro mire verso una più saggia difesa della piazza d’onore.
In ogni caso, quisquiglie. Specialmente se la Signora Multistelle non defletterà dall’atteggiamento adottato per ricollocarsi dove la storia le impone di essere, cioè: l’indifferenza verso qualsivoglia impegno diverso da quello incombente.
Tutto il resto è congettura, speculazione o, secondo latitudine, un ingiustificato fuoco d’artificio.
Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )