In capo a una prova di forza totale, tracimante e addirittura oltraggiosa, sia per l’avversario di turno che per il torneo, la Juventus ha inanellato la dodicesima vittoria consecutiva offrendo spettacolo e divertendosi.
Di partita in partita i Campioni in carica cumulano autostima e consapevolezza del loro valore; ingredienti che coniugati a una condizione atletica e mentale assolutamente invidiabile, consentono loro di superare in scioltezza anche ostacoli apparentemente insidiosi, almeno a priori.
La vera e probabilmente unica difficoltà che Madama avrebbe potuto incontrare sulle rive dell’Adige non era infatti ascrivibile alla resilenza dei decimati scaligeri clivensi, ma bensì all’eventualità di presentarsi all’appuntamento psicologicamente provata dai recentissimi match disputati contro avversarie storicamente nequitose, soprattutto fuori dal campo.
Al di là dei risvolti statistici parziali e generali, la soddisfazione più bella che l’impegno del Bentegodi ha lasciato in eredità è stata la dimostrazione di serena e matura compenetrazione della squadra nella delicatezza di un momento che non ammette compiacimenti di sorta e, anzi, obbliga l’imposizione di un ritmo che induca quanto ancora rimane del campionato, prima della resa, a sbiellare tanto di testa quanto di gambe.
Ogni possibile incognita è stata spazzata via in sei minuti; tanto è durato quello che eufemisticamente definiamo un incontro, tanto è bastato per far abortire qualunque velleità di decollo dei cosiddetti “mussi volanti” e imporre un dominio che nel tempo di clausura ha assunto connotazioni al limite del circense, tali da far presumere che i gialloblu si fossero presentati a ranghi numericamente ridotti.
Fra le stelle di giornata, ha brillato occasionalmente a intermittenza quella del “Sivorino”, ma ha riacquisito in pieno tutto il suo bagliore la cometa Morata, perentoria nell’incrementare la scia accesa nella serata di Tim Cup. “Solo” conferme, invece, per gli altri fuoriclasse di nero sfumante vestiti e segnatamente per il delfino di Francia, che ha ribadito quanto sia devastante se può agire qualche metro più avanti rispetto all’abituale posizione; circostanza che solo la presenza in formazione di A. Sandro gli permette. Fatta salva l’indiscutibile stima per Evra, il canto brasileiro emanato dall’ex “Dragone” ( ancora a segno ) in fase d’attacco è decisamente più ammaliante e propedeutico alla causa.
E sono dodici, una cifra sacra per eccellenza, un numero che per la simbologia esoterica ha valenza di prova iniziatica, in forza della quale si trascende il piano ordinario per accedere a quello superiore e che in termini calcistici esonda la possibilità di migliorare il record stabilito dalla Juve “Contiana”, perché volge alla ricomposizione della totalità originaria, ergo, la compiutezza di un ciclo che restituirà alla Signora Multistelle il mantello della sovranità. Se non nell’immediato, a stretto giro di posta…
L’esibizione in casa Campedelli ha inoltre permesso qualche spicciolo di gloria e minutaggio pure alla sibilla di Recife e a Sturaro. In tutta sincerità avremmo preferito che venisse risparmiato qualche calcione a Dybala e che a un certo punto dello show venisse preservato il Polpo, ma sono dettagli. Decisamente meno irrilevante, invece, la scelta del sig. Allegri di schierare “Gladio” Barzagli a sinistra e Martin “Calzelunghe” Caceres sul fronte opposto. Ancorché inopinata, si è svelata invece azzeccatissima e gli vale tutto il nostro plauso.
Il prossimo step della “cronometro” ha i colori rossoblu del Genoa, da sbiadire a metà settimana fra le mura amiche dello Stadium. Fedeli all’ormai cementata consuetudine lo riteniamo la “madre di tutte le partite”, quella oltre la quale non c’è domani. Se anche nella Real Casa persevereranno lo stesso orientamento mentale, e non c’è motivo per dubitarne, il domani prima o poi arriverà e, come quasi sempre, sarà tinto di tricolore.
Avanti così!
Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )