Federica Cafferata, esterno tutta fascia del Napoli Femminile. Giovanissima, classe 2000, alla sua prima stagione in Serie A dopo le esperienze con Ligorna, Lavagnese, Genova Women e la Serie B con il Napoli. Recentemente è arrivata la sua prima rete in Serie A nel match contro l’Empoli.
Ha vestito la maglia della Nazionale Under 16 ed Under 17 e ci svela di sognare una convocazione in Nazionale maggiore. Un viaggio tra emozioni, ricordi e obiettivi futuri. Proprio il suo Napoli sabato alle ore 12:30 affronterà la Juventus Women.
Federica Cafferata si è raccontata in esclusiva alla nostra Miriana Cardinale.
Federica, hai un “posto del cuore” a Napoli e uno a Genova? Quali?
“Ti dico di sì in entrambe le città. A Napoli non ha un vero e proprio nome però è una scalinata in zona Vomero vicino ad una delle due funicolari che ti portano su. Ti ritrovi in una strada che sembra una strada qualunque e improvvisamente girando l’angolo di trovi questa scalinata con questo panorama stupendo che sembra una finestra su Napoli. Non essendo un posto che conoscono tutti mi è rimasto più nel cuore.
A Genova è difficile perché ne ho tanti che mi ricordano episodi magari con i miei amici, ma se dovessi sceglierne uno ti direi il Borgo di Boccadasse perché magari da piccola mi incontravo con gli amici a mangiare la pizza sugli scogli. È un posto molto suggestivo, abito lì vicino. Penso sia un posto che rappresenta sia Genova che la Liguria.”
Sei alla tua prima stagione in Serie A, quali giocatrici ti hanno colpita di più e perché?
“Io ho sempre voluto giocare con Alia Guagni perché la stimo davvero tanto. Purtroppo ora è andata via. Io rispetto moltissimo le giocatrici che hanno fatto la storia del calcio femminile ultimamente tipo Girelli, Bonansea, Bartoli o Gama per citarne alcune. Ma ho sempre ammirato quelle più verso la mia età come ad esempio Caruso o Glionna. Una giocatrice che mi colpisce ogni giorno è Sara Huchet. Abbiamo ruoli differenti ma ha tutto: gol, piedi, personalità, cattiveria, sacrificio, positività, caparbietà, “cazzimma” napoletana, ordine. Per me giocare con lei è come giocare con una top player ogni giorno.”
Sei stata allenata da Rita Guarino, ci racconti che tipo di allenatrice è? C’è qualche aneddoto particolare?
“Parto raccontandoti l’aneddoto. Mi ha allenata in Nazionale Under 16 e Under 17, ha creduto molto in me sempre. Mi ricordo che io ho sempre avuto un complesso con i capelli: mi vergognavo a legarli. Quindi scendevo in campo solo con la fascetta per tenere i capelli indietro anche se ovviamente non li teneva molto. Un giorno in un allenamento Rita mi ha detto che se non mi fossi legata i capelli mi avrebbe mandata a casa, ma era seria. Allora quel giorno li ho legati pensando di tornare ad allenamento con i capelli sciolti il giorno dopo. Non è stato così, ha continuato fino a che non mi ho iniziato a legarli da sola. Non dimenticherò mai questa scena perché mi ha permesso di superare questa mia insicurezza. La motivazione per superarla era abbastanza forte, non sarei mai voluta tornare a casa per un motivo simile.
Secondo me è una grandissima allenatrice dal punto di vista tecnico e tattico, però ha studiato psicologia e sa proprio come comunicare da allenatrice. Per me è una delle migliori allenatrici in Italia ma anche a livello Mondiale, io le auguro sempre il meglio perché si merita di vincere tanto.”
Hai notato particolari differenze dalla Serie A alla Serie B?
“Mi ricordo la prima riunione tecnica per preparare la partita contro la Pink Bari. Il fatto che preparassi quella partita, le sensazioni, le insicurezze perché sai ero al primo anno in Serie A era normale ci fossero. Ho veramente visto un’intensità diversa, le occasioni da gol vanno sempre concretizzate, la media tra occasioni avute e sfruttate deve essere il più simile possibile perché ti viene sempre concesso poco. Per me la Serie A è come fosse una droga perché è quello che vuoi e quando capisci che ci puoi stare non vorresti mai andartene. Il livello è alto e devi sempre confrontarti con gente più forte che ti permette di tirare fuori sempre il meglio. “
Per la Federica bambina e sognatrice che emozione è giocare contro la Juventus?
“Tanta, tantissima. All’andata è stato ancora più emozionante. Ho avuto la fortuna di giocarmi la mia prima partita contro la Juventus con il Napoli. Giocare Napoli-Juventus a Napoli ti assicuro che è suggestivo. Anche se non c’era il pubblico. Questa è una partita molto sentita qui. Io penso sia facile parlare di appartenenza ma in quel momento lì ho capito cosa significasse giocare per il Napoli, indossare quella maglia lì. Prima della partita non sapevo di giocare e sinceramente non me lo aspettavo. Ero demoralizzata perché pensavo di non giocare, quindi mi sono svegliata tranquilla. Non sono una particolarmente ansiosa ma a volte penso ci siano emozioni talmente grandi che non danno spazio all’ansia. In quella partita quando ho visto che avrei giocato mi sono scese le lacrime, non saprei dirti se fossero lacrime di gioia o altro ma sicuramente non per l’ansia, è stata un’emozione strana. Alla fine è stata una bella partita che mi ha lasciato tanto.
Io sono solita raccogliere cose che mi ricordano episodi e le tengo in una cassetta dei miei ricordi. A Napoli-Juventus ho preso una pietra che ho trovato in campo e la custodisco qui come mio ricordo.”
Sempre quando da bambina sognavi di fare la calciatrice ti saresti mai immaginata in Serie A a vent’anni?
“Io le idee chiare sul calcio femminile le ho avute tardi. Ho giocato fino a 15 anni con i maschi, a 16 potevo o giocare con i ragazzi del 2001 quindi sotto leva o passare al femminile. Ho deciso di passare al femminile perché non volevo assolutamente giocare con quelli più piccoli, una volta avevo fatto un torneo con loro e mi avevano detto che si vedeva la differenza. In Liguria sfortunatamente ci sono poche squadre femminili. Io quando sono arrivata nel femminile avrei dovuto fare solo tre allenamenti, però ne facevo sei: tre con la squadra, il quarto tecnica di corsa, il quinto partita con la primavera e il sesto partita con la prima squadra. Cercavo di mantenere il ritmo giocando il più possibile. Tecnica di corsa era proprio andare al campo di atletica con un’insegnante privata e allenare la tecnica. Per me l’anno alla Lavagnese penso sia stato uno dei più importanti, un gruppo splendido e un gran progetto.
Io sono partita nel femminile un po’ scettica, poi facendo le esperienze delle rappresentative giovanili mi sono resa conto che c’era gente veramente forte. Quindi ho iniziato a pormi sempre obiettivi nuovi: prima la convocazione nelle nazionali giovanili, poi la Serie A. Non mi aspettavo assolutamente di giocare titolare al mio primo anno in Serie A, mi aspettavo di arrivare in Serie A perché mi sono resa conto che avrei potuto starci.”
Mi parli di Federica fuori dal campo?
“Io cerco sempre di far vedere che oltre al calcio c’è altro. Sono una persona che ricerca tanta ispirazione in tante cose, cerco sempre idee per trasmettere contenuti. Cerco di far vedere quello che sono, non penso magari a cosa far vedere sui social o meno. Se dovessi farti una presentazione di me ti direi che amo la grafica, amo pilotare i droni, mi piacerebbe lavorare nell’ambito comunicazione, grafica e contenuti digitali. Amo tanto la mia famiglia, amo tantissimo la mia città, paradossalmente ho scoperto più Genova quando me ne sono andata rispetto a quando ci vivevo. Mi piace tanto mantenere i rapporti con le persone, mi reputo una persona molto buona che fa di tutto per gli altri, cerco di far amicizia con più persone possibile perché amo prendere influenze da altri. Adoro il fatto che giocando a calcio posso conoscere persone di altri paesi che mi possono portare a delle esperienze che non avrei potuto fare, adoro il fatto che ad esempio in questa stagione parlo tantissimo inglese, anche se non in casa (ride ndr). Ci sono tante cose dietro la Federica calciatrice, amo anche parlare ma penso si sia notato (ride ndr).”
Quando hai pensato che saresti potuta diventare a tutti gli effetti una calciatrice?
“A livello femminile quando ho avuto modo di confrontarmi con altre realtà tramite le rappresentative giovanili. Con ragazze di altre regioni differenti. Dopo la rappresentativa ero stata chiamata per fare uno stage a Norcia, non era proprio la Nazionale ma ti dava la possibilità di farti vedere. Quello penso mi abbia dato la spinta per dire che potevo provare a fare di più.”
Il viaggio più bello che tu abbia mai fatto?
“In Giappone, sicuramente. L’ho chiesto ai miei genitori per i miei diciotto anni, siamo andate io e mia mamma 15 giorni in Giappone. Abbiamo visitato un po’ di città e ci siamo fermate di più a Tokyo. Ho visto un sacco di cose ma quello che mi fa dire che vorrei tornare è il modo di vivere che hanno: è completamente diverso dal nostro. Non mi piace il sushi quindi è l’unica cosa che non ho mangiato, ma credimi non c’è solo sushi, ci sono anche molti altri cibi buoni. Ad esempio per citartene uno ho mangiato la carne di kobe perché ero curiosa. Sono esperienze, ho assaggiato anche uno scarafaggio.”
Sei stata paragonata a Juan Cuadrado, tu ti rivedi in lui? Sotto quali aspetti?
“Una mia mister mi ha paragonata a lui, è stata la mia allenatrice due anni a Ligorna e mezza stagione al Genoa Women, mi conosce bene. Innanzitutto perché quando lei mi ha vista la prima volta aveva capito che avrei potuto fare entrambe le fasi: quando facevo l’attaccante tornavo spesso per dare una mano alla squadra e facevo la fase difensiva. Una volta serviva un terzino e mi ha spostata dietro, da quel momento ha iniziato a sfruttarmi lì, lei è stata la prima ma non l’unica. Anche in questa stagione all’inizio ho fatto il terzino. Quando mi chiedono dove mi vedo meglio come ruolo non so rispondere perché mi baso su ciò che mi viene detto dall’allenatore, alcuni mi preferiscono terzino altri come giocatrice alta. Mi reputo sempre una giocatrice a tutta fascia, io non tendo troppo a fare gol anche se quest’anno ci credo di più preferisco fare assist, sono più altruista. Combinazione anche Cuadrado aveva il numero 7 che è lo stesso mio.”
In futuro quali sono i tuoi sogni? E magari, quali erano quelli che avevi da bambina?
“Alcuni sono un po’ cambiati, io sono appassionata di Bayern Monaco e quindi anni fa mi sarebbe piaciuto andare a giocare lì o fare un’esperienza in Germania. Ad oggi sono sincera e l’Italia è il mio primo obiettivo, mi piacerebbe affermarmi come calciatrice e poi da più grande quando hai esperienza ed un bagaglio potrebbe essere una meta futura. Ad oggi secondo me il campionato inglese e quello francese sono i migliori. Il mio sogno, che più che sogno definirei obiettivo perché i sogni sono meno raggiungibili, mi piacerebbe una chiamata in Nazionale maggiore.”
Si ringrazia per disponibilità e gentilezza mostrata in occasione dell’intervista Federica Cafferata e Gianluca Monti dell’ufficio stampa del Napoli Femminile.
Miriana Cardinale