Minuto 80′ di una partita dall’inizio scoppiettante, ma che col trascorrere del tempo va bloccandosi e accartocciandosi su sé stessa. Qualche errore tecnico di qua e di là, forse qualche indugio di troppo. Ma su quella palla a metà strada lì in mezzo al campo al minuto 80′ può andarci solo lui, solo Mandzukic: il classico cuore oltre l’ostacolo. E poi come un fulmine, a fiondarsi in area, il suo territorio di caccia preferito. Dybala se l’allunga troppo, Tatarusanu ci arriva ma la palla rimane lì. E chi può arrivare su quel pallone se non ancora lui? L’ariete croato timbra il 2 a 1 mettendoci buona parte del suo marchio di fabbrica.
SPIRITO CROATO – La partita di Mandzukic è fatta di impegno, sudore, le solite botte prese ma anche date (perché altrimenti non lo riconosceremmo), pressing, contrasti e un animo grande come tutto lo Stadium. Il carattere del croato è specchio del carattere dei bianconeri: forse non bellissimi da vedere come possono essere un Dybala o un Pogba, ma tremendamente efficaci quando conta. Perché a volte conta più un contrasto, una palla sporca o un gol di rapina che altro. Il pressing sui difensori della Fiorentina è ai limiti dell’asfissiante per Paulo Sousa: in Bundes lo chiamavano l’attaccante col miglior tackle.
INDISPENSABILE – Lo guardi in volto e sembra spiritato, lui che in realtà l’attaccante non lo voleva fare: nelle giovanili del Marsonia da adolescente non ne voleva sapere di quel ruolo, perché a lui piaceva combattere in mezzo al campo. Col tempo la vena del gol prende la sua forma, con buona pace del suo spirito ma per la felicità di ogni allenatore che ha avuto, votato al sacrifico per la squadra. Il suo modo di giocare è in risposta a molti suoi detrattori, anche a chi vorrebbe Morata titolare. Lo spagnolo avrà un talento spaziale, ma un Mandzukic così è difficile da togliere dall’11 iniziale e Allegri lo sa bene.
Oscar Toson