Gaetano Scirea: 29 anni dalla sua morte

“E’ morto nel modo più orribile, bruciato tra le lamiere contorte di una vecchia Fiat 125 stracarica di taniche di benzina, sbandata dopo l’ urto fatale con un pesante furgone e scivolata in fiamme sotto la pioggia sul ciglio di un’ autostrada. Troppo violento è stato l’ impatto con il camioncino, né portiere né vetri potevano più offrire lo spiraglio di salvezza.”

Iniziava proprio così l’articolo di cronaca de “la Repubblica”, pubblicato il 5 settembre 1989. Su quella carta stampata veniva riportata una notizia tragica per il mondo sportivo e non solo, Gaetano Scirea, fuoriclasse della Juventus e della Nazionale, perdeva la vita prematuramente in Polonia, causa incidente autostradale, all’età di 36 anni. Scirea stava attraversando la Polonia per andare a visionare il Gornik Zabrze, avversario dei bianconeri in Coppa Uefa.

Scirea era un fuoriclasse raro, difficilissimo da emulare. Era un tipo di giocatore che oggi è andato in fase di estinzione, era singolare per la raffinata eleganza con cui stava in campo e per l’educazione e l’onestà con cui affrontava la vita. Oltre ad essere un giocatore era un uomo vero, con ideali unici, un individuo integro e gentile.

Gaetano giocava come libero, sigla del ruolo che ormai adesso è andata in disuso. Scirea è riconosciuto come uno dei massimi interpreti in quel ruolo, una sorta di Sergio Ramos dei tempi nostri, ma totalmente diverso di carattere, portamento e stile di gioco, Scirea era un’icona di lealtà e purezza.

Ben 552 le apparizioni scandite con la maglia bianconera per tutto il corso della sua carriera, dipinta di 7 campionati di Serie A tra il 1974 e il 1986 e una Champions League, vinta nel 1985, nella angosciante atmosfera dell’Heysel.

Scirea non si rese artefice soltanto di trionfi con una squadra di Serie A, riuscì a portare di nuovo la Coppa del Mondo in Italia, nel 1982, dopo quarantaquattro anni di astinenza. 

Mi piace ricordarlo così: superiorità nell’esprimersi, padronanza della vita, esempio per i più piccoli.

 

Di Francesco Rossi

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