Gigi, il tuo addio è la fine di un’era di vita

“Buffoooon! Buffoooooooooon!” Se queste sono le parole con cui la vostra relazione con il calcio è diventata senza precedenti, morbosa, passionale, patologica al punto giusto, oggi non potete che ringraziare Gianluigi Buffon.

Un portiere straordinario, capace di rendere possibile l’impossibile e farlo sembrare facile. Un calciatore che ha garantito sicurezza solo alla visione dei suoi occhi, che è sempre sembrato essere in possesso di un’infondata sicurezza del fatto che tutto sarebbe andato bene e che sarebbe stato lui a proteggere il fortino.

In verità, alla fine, Gigi è sempre stato un grande bambinone gioioso a ogni gol della sua Juventus, con quegli inconfondibili occhi di ghiaccio che diventavano pieni di felicità quando un suo compagno insaccava la rete. E colmi di rabbia quando, invece, veniva lasciato qualcuno libero di calciare verso la sua amata rete. Ma lì c’era lui, Gigi, a togliere le castagne dal fuoco.

In quell’estate del 2006 tutti eravamo Buffon. Il difensore della patria, assieme al capitano Cannavaro. Non si passava, lo sa bene Zidane. E Fabio Caressa, con quel cognome urlato al cielo di Berlino, ci anticipò di qualche frazione di secondo. Tutti, sul divano nel salone, a casa di parenti, nella piazza della città, quando vedemmo quel pallone alzarsi in cielo, lontano dalla rete dell’Olympiastadion, urlammo il cognome del portiere più forte della storia a squarciagola, affinché lui potesse sentirci a chilometri di distanza.

Ed è per questo che, a distanza di 12 anni dall’estate mondiale – che tristezza non potergli permettere di disputare il sesto, come nessuno ha mai fatto – , alla 17esima stagione con la maglia della Juventus, a 23 anni dal suo inizio, possiamo dire che con l’addio di Gianluigi Buffon si chiude un’era. Non solo sportiva, ma di vita. L’infanzia di un bambino, l’adolescenza di un ragazzo, la maturità di un uomo divenuto da poco adulto.

Con il suo addio, Buffon fa quello che ha sempre saputo fare: chiudere una porta. Quant’è difficile andare avanti, caro Gigi. Dopo Baggio, dopo Del Piero, dopo Totti, ora anche Buffon. La domenica avrà sempre meno senso.

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