Il tifoso medio italiano è di una tristezza unica

Si lo so, è un editoriale su cui è facile non essere d’accordo. D’altronde gli editoriali sono fatti così: sono degli articoli in cui si esprime il proprio punto di vista. L’importante è riuscire a dare una chiave di lettura ai lettori in modo che si possano creare la propria opinione. Io, dall’alto del mio essere un pluri-pseudo giornalista, che ha tanto da imparare praticamente da chiunque (anche da chi magari non sa né leggere né scrivere) vorrei prendere una posizione al riguardo di quanto sta succedendo in queste ore sui social in seguito alle ben note vicende di ieri sera.

Ci sono due fazioni, è chiaro: chi è dispiaciuto e chi invece gode. Chi è dispiaciuto probabilmente lo fa perché juventino, perché mancava davvero poco a quei dannatissimi supplementari e chissà cosa sarebbe successo poi. Se non è juventino allora avrà ammirato una grande Juve segnare tre gol al Bernabeu, cosa che (lo ammetto con tranquillità) io stesso ritenevo improbabile una settimana fa. Una Juve che contrariamente a quanto credevo (ma immagino di non essere l’unico) è riuscita a ribaltare la situazione e a sfiorare la qualificazione.

Dall’altra parte ci sono quelli che godono. Chi lo fa è sicuramente un anti-juventino, e deve mostrare la sua felicità in ogni sua sfumatura. Esprime la sua gioia spernacchiando i bianconeri, deridendoli in ogni modo attuabile. Si stappano virtuali champagne, si urla con lettere stampatelle. La tristezza bianconera è il loro pane.

Ovviamente da qui nascono gli scontri: chi tira fuori che la Juventus è abituata a rubare e quindi non deve lagnarsi, chi dice che bisogna tifare le italiane, chi dice che le parole di Buffon sono da censura… Da questo punto in poi si arriva a tirare fuori i fermoimmagine degli anni ’90 in cui la Juve “subisce” favori arbitrali, foto di altre squadre italiane eliminate, frasi come “sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani, ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani”. Si ritorna a parlare di Calciopoli, si cerca di difendere a spada tratta la propria fede e la propria bandiera. Magari andando ad infamare quelle degli avversari.

Personalmente sono veramente stufo di assistere a questo teatrino dell’inutilità. La ricerca della goduria altrui è sintomo di mancanza di goduria propria. Questo vale per ogni tifoso di qualsiasi sport: essere tifoso significa supportare la propria squadra, stop. Passare ore a contestare e rispondere per mantenere vivo l’odio è una pratica meschina e contorta: quali sono i risultati che si ottengono? Le offese gratuite rimangono tali, possono scatenare solo reazioni aggressive. Le lagne non verranno mai ascoltate: quel rigore, che c’era o non c’era, ormai è stato fischiato, e nessun fermoimmagine, nessun commento indignato potrà cambiare questa realtà.

Come dice il mio buon amico Cristiano Corbo, di questa partita ci si è già dimenticati dei 92 minuti che hanno preceduto quel dannatissimo rigore: vi ricordate, per esempio, che il Real ha colto una traversa? O più semplicemente che partita è stata? Ho visto e ho letto troppe cose brutte in queste ore. Secondo cosa viene proprio da chiedersi: ma ha senso vomitare così tanto astio? La vita delle persone è così stressante da dover scaricare tutto su un pallone? O su un arbitro inglese? O magari sulle partite degli esordienti, dove i genitori si trasformano in ultras e infamano chiunque si metta contro alla squadra del figlio (o figlia), solo perché l’importante è vincere. E quindi diventa legittimo augurare le gambe rotte all’avversario, aspettare l’arbitro fuori dagli spogliatoi, e chissà quanto altro.

Ps: questo editoriale non cambierà lo stato delle cose. Probabilmente verrò pure attaccato per aver tradotto il mio pensiero in parole. La speranza, ingenua, è che chi sia arrivato fino a qui abbia afferrato il senso del mio ragionamento, e provi a pensarci due volte prima di godere dei mali altrui. Si inizia con cose piccole, si arriva a festeggiare la morte di un calciatore in un albergo di Udine.

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