Buffon da Costanzo: “Smetterò? Non posso creare false illusioni, ci incontreremo con Agnelli”

Gigi Buffon confessa (ancora una volta!) tutto se stesso in un lungo faccia a faccia con Maurizio Costanzo, nel corso del programma “L’intervista”. Dal debutto in Serie A col Parma, al Mondiale vinto. Dai sogni segreti del Buffon bambino, al rapporto speciale con la Juventus e i suoi genitori. Il libro della vita del numero 1 dei numeri 1 sfogliato pagina dopo pagina. Sullo sfondo, ovviamente, la risposta che tutti i tifosi maggiormente attendono: quella sul suo futuro. Resterà ancora per altre stagioni a difendere la porta bianconera?

L’INTERVISTA

“Se ho pianto nei giorni dopo l’eliminazione dal Mondiale? Così come ha detto anche Ilaria (D’Amico), sì per me sono stati giorni davvero molto difficili. Il mio sogno sarebbe stato quello di chiudere la carriera con il Mondiale di Russia ma non è stato così. Sarebbe stata una passerella finale perfetta”.

Come si rilancia il calcio italiano? Di certo uno dei motivi del nostro calo è dovuto anche al mancato cambio generazionale che sarebbe dovuto accadere già qualche anno fa. Poi di certo il problema è anche a livello dirigenziale a partire dalle scelte per il commissario tecnico ma non solo”:

“Il mondiale 2006? Un’esperienza unica è il momento che, nella carriera di uno sportivo, non potrà mai cancellarsi. Per noi non fu assolutamente facile vista anche la situazione in cui il calcio italiano si era caccaiato (calciopoli ndr.). Per fortuna in panchina c’era uno come Lippi che ci conosceva molto bene.

“Il cucchiaio di Totti contro l’Olanda? Purtroppo posso solo riportarglielo visto che io in quella partita non c’ero. A quei tempi ero infortunato e disse la frase “Mo je’ faccio er cucchiaio” a Gigi Di Biagio. Per fare una cosa del genere, nella semifinale di un Europeo, in casa dei nostri avversari ci voleva un mix di classe e follia, classica di Francesco”.

“Nuovo Buffon? Donnarumma può esserlo, ma ci sono anche altri due-tre ragazzi che sono partiti dopo di lui che possono esserlo”.

”Mito? Non mi reputo tale. Mi reputo uno sportivo apprezzato. Secondo me il mito non ha quelle esternazioni che ho avuto io (ride, ndr). C’era una drammaturgo che diceva ‘sciagurata quella terra che ha bisogno di eroi’. L’Italia non ne ha bisogno”.

“Di mio padre e mia madre, da piccolo, mi colpivano i fisici. Mio padre aveva un petto erculeo, mia madre era molto grande. Siamo una famiglia molto unita, nonostante ognuno di noi si sia emancipato da piccolo. È una famiglia che si è dissolta, ma incarna ancora i valori e tiene molto al legame tra di noi”

“Non ho mai capito che sarei diventato portiere. Sono diventato portiere per una folgorazione. Lo sono diventato nel 1990, a 12 anni, quando ero già ‘grande’. Si comincia verso i 6-7 anni a prendere un indirizzo ben preciso”.

“La solitudine del portiere? È vero, hai più tempo di pensare. Magari quando l’azione è dell’altra parte del campo, hai la possibilità di portare la mente chilometri lontano”.

“Sono sempre stato per i deboli. Dopo i primi anni che ho tifato la Juve, perché tutti i miei parenti erano juventini, iniziai a tifare per il Genoa, che è diventata un po’ la mia squadra. E in più tutte le squadre piccole, come il Pescara, il Foggia, l’Avellino”.

“Quando ero piccolo, volevo fare il professore di educazione fisica, come i miei genitori. Non pensavo di diventare calciatore”.

“Carrara? A casa ci torno poco, ma molto volentieri”.

“I miei genitori hanno due sguardi opposti. Mia madre crea immediatamente empatia e con la quale socializzi in un attimo. Mio padre, che è più friulano, sembra più scontroso, ma se ci entri in confidenza ti dà l’anima”.

“19 novembre 1995? La prima cosa che mi viene in mente di quel giorno, che è stato il giorno del mio esordio in Serie A, è che non ho provato neanche un briciolo di paura. Ero pervaso dalla gioia di dimostrare al mondo che c’era e chi era Buffon. Ero esuberante, indisciplinato, un po’ arrogante. Avevo alcune peculiarità che hanno fatto sì che mi imponessi in un mondo così. Non ho mai avuto paura di fallire”

“Come interazione con il pubblico e con gli altri, non sono cambiato. Sono cambiato caratterialmente perché sono maturo: sono diventato un po’ più uomo, più riflessivo”.

“Ho sempre condiviso le scelte in famiglia, con qualche amico. Le scelte che ho fatto sono sempre state guidate dall’istinto. Le ho fatte perché sentivo da dentro una vocina che mi diceva ‘è il momento di fare questa scelta’”.

“Parare un rigore? Conta l’istinto, ma anche la conoscenza dell’avversario. Poi ci sta che il portiere faccia qualche finta. Hai poche carte, da giocare bene”.

“Avvocato Agnelli? Benché Umberto Agnelli mi abbia comprato e parlato con mio padre. L’Avvocato ci convocò a Villar Perosa (me, Thuram e Nedved). Come prima cosa, chiese a Thuram di Milingo”.

“Lapo Elkann? È un grande tifoso della Juve e mio. È una persona perbene, di grande sentimenti, geniali”.

“Andare via della Juventus? Sono stato sul punto per due volte, quando non mi riconoscevo più in determinati valori e modi di esprimere la juventinità. Capivo che o io ero andato fuori rotta o altrimenti le cose non potevano coesistere. Il destino ha fatto sì che si ricomponesse tutto, per mia fortuna”.

“Calciopoli? Mi ha fatto tantissimo male, perché sono stato per ben due volte gratuitamente infangato, per un aspetto che per me è fondamentale: la lealtà sportiva. Qualcosa che io non accetto. E non ho mai visto nessuno che spezzasse una lancia a mio favore. Io, invece, mi sono esposto, mentre altri hanno sempre taciuto”.

“Doping? Magari a 40 si può cominciare (ride, ndr). Scherzo, è qualcosa di non contemplabile”.

“In B con la Juve? La Juve mi ha dato tanto e il destino poi mi ha ripagato”.

“Ricordo più bello e più brutto con la Juve? Il più bello è il primo Scudetto di questi sei. Il periodo più brutto sono stati i due anni in cui siamo arrivati al settimo posto”.

“Con Alena, se non sbaglio, ci siamo conosciuti a un compleanno di Vieri. Poi abbiamo passato 10 anni insieme. I figli stanno bene: Luis, Tomas e David sono bimbi speciali. Li vede 2 volte a settimane, spesso e volentieri mi vengono a vedere allo stadio. Oggi Alena per me è una persona che ringrazierò, perché ho passato 10 anni con lei veramente belli. Abbiamo fatto 2 figli stupendi, molto educati e di quello gran parte del merito va a lei. Alla fine, come in tutte le cose, c’è un dare e avere”.

“La fine di un amore incide sul rendimento in campo? Non è la fine dell’amore in sé, ma la destabilizzazione psicologica che incide. Riguardandomi indietro rifarei tutto, sicuramente”.

“Il calcioscommesse mi ha fatto soffrire di più di tutto? Sicuramente. Quelle lì sono state due vigliaccate mirate a uno sportivo e un uomo che non le meritava. Se dovessi rivedere certe persone, un pochino mi innervosirei. Non ho mai pensato di lasciare il calcio, perché ho la coscienza pulita. Sono stato attaccato da qualcuno, ma non so ancora da chi”.

“Zucchi? Diciamo che un certo tipo di finanza, borsa, la frequento da un 20-25 anni e, di conseguenza, spesso e volentieri si possono fare degli investimenti: alcuni giusti, alcuni sbagliati. In questo caso è stato sbagliato. Ma per dimostrare ancora chi è Buffon, ho rimesso tanti soldi. Qualche settimana fa, ero a colazione con i miei figli e mi si è avvicinato un operaio della Zucchi che mi ha ringraziato”.

“Carrarese? Lì non ho fatto l’imprenditore, ho voluto dare una mano alla squadra della mia città, retrocessa in Interregionale. C’era bisogno di un personaggio forte, popolare.

“Depressione? Secondo me ci sono degli snodi nella vita, probabilmente dal momento in cui da giovane e superficiale stai entrando in una dimensione di uomo un po’ più maturo. Devi fare il conto con dei buchi neri che non avevi preso in considerazione. Cadi in un limbo, in un’apatia che sfocia in depressione. È brutta, soprattuto per un tipo esuberante come me. Ho fatto circa un annetto, perché ho trovato un buon modo di psicanalizzarmi: mi sono imposto di trovare stimoli ulteriori al calcio. Mi sono appassionato a mostre di pittura. Noti che il tuo cervello si apre, si amplia, aiuta tanto. Devi continuare a dare la priorità al tuo mondo, ma anche crearti delle alternative che possano allenare la tua mente”.

“Ilaria D’Amico? È una bella storia, per come intendo io i rapporti. Sono felice, perché, come ho detto in un’intervista, alcune scelte determinano sofferenze. Hai quasi la certezza che la scelta che stai facendo è dettata da capisaldi irrinunciabili. Quando ci sposiamo? Non ne abbiamo parlato. Abbiamo un figlio e in questo momento siamo molto felici: probabilmente ci sarà spazio per una festa nostra. Condividiamo tutto e parliamo di tutto: è la cosa che mi piace di più del nostro rapporto. Nel momento in cui ci siamo conosciuti vivevamo rapporti simili con i nostri compagni e rischiavamo di prestare il fianco più facilmente. C’è stato un affetto, un bisogno di affetto, di coccole enorme. Ogni volta che penso a lei o a noi sono felice. È la mia donna del per sempre? Secondo me, Ilaria è una donna speciale e il nostro rapporto è qualcosa di speciale. Per questo immagino che ci sarà un’evoluzione e durerà fin quando morte ci separerà “.

“I rapporti tra Alena e Ilaria? Non so bene. Ma quando ci sono Luis e Dado con noi, s’interfacciano”.

“Il regalo di Ilaria per i 40 anni? Un regalo bellissimo, oltre a una festa a sorpresa con tutti i miei amici più intimi che mi hanno emozionato. Nostro figlio? Leopoldo è davvero un bel bimbone”.

“Secondo me sono uno dei migliori amici che si possano avere. Se sono un buon padre, si vedrà quando i miei figli saranno grandi. Spero che riescano a riconoscere la loro strada e la loro natura. E si sveglino ogni giorno con un obiettivo. Se facessero sport, sarei felice”.

“Dico la verità: non sono molto social. Questa volta ho risposto a tutti i messaggi che mi sono arrivati (per i 40 anni, ndr). Quanti anni mi sento? Come testa, 40: nel senso che ho fatto un percorso che mi ha dato quest’età, corretta. Fisicamente, qualche volta mi sento un 20enne, altre un 30enne, altre ancora un 50enne. Diciamo che la parte solida di me è la mente. Non ho mai creduto di poter arrivare a giocare a 40 anni, di avere questo tipo di costanza e resilienza. Buffon è stato definito più volte finito, ma si sono accorto che il morto si era solo addormentato”.

LA DOMANDA: “SMETTERAI?”

“Smetterò? Non posso dire delle bugie o creare false illusioni: la verità è che mi devo incontrare con il presidente. Prima della fine del campionato ci incontreremo, faremo il punto della situazione e in base a quello di cui avrò bisogno e avrà bisogno la società decideremo. La verità è che un giocatore non smetterebbe mai di giocare e alcune volte non ti rendi conto che è arrivato il momento. Io ho talmente fiducia nell’onestà intellettuale di presidente, dirigenti e allenatori che voglio che loro mi dicano ‘Gigione, è arrivata la fine’. Uno come me, però, non puoi non dire che abbia voglia di giocare”.

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