Commentare o analizzare le prestazioni della Juventus da due anni a questa parte è diventato un lavoro difficile, perché permane il rischio di essere ripetitivi.
La seconda parte di stagione dei bianconeri è stata condizionata da pesanti fattori extra campo, questa premessa è doverosa. Tuttavia, l’onestà intellettuale impone anche di non dimenticare le figuracce collezionate dai bianconeri anche prima dell’Uragano Prisma.
Juventus, i motivi del fallimento sportivo dell’Allegri bis
Sampdoria in trasferta, Haifa, Benfica (la Juventus chiude il girone di Champions League con una sola vittoria) Monza, manita del Napoli allo Stadio Maradona e la lista sarebbe ancora più lunga, se citassimo anche le uscite della scorsa stagione: tutti indizi che portano ad affermare il fallimento dell’Allegri bis sulla panchina bianconera.
Il tecnico livornese arrivato come salvatore della patria, in pompa magna e voglioso di rivalsa nei confronti dei suoi detrattori, ne esce con le ossa rotte.
In due anni, la Juventus ha esaudito tutte le sue richieste sul mercato: manca il centravanti, ecco Vlahovic a gennaio, manca il regista ecco Locatelli prima e Paredes poi, servono due top player navigati, ecco Di Maria e Pogba, serve un difensore fisico, ecco Bremer, serve una punta con carattestiche diverse da Vlahovic, ecco Milik.
Calciatori che vanno ad aggiungersi a Chiesa, Danilo, Kostic e Rabiot: cosa è riuscito a dare in cambio, in due anni, Allegri alla squadra, ai tifosi e alla società?
La Juventus non gioca male, perché sarebbe offensivo nei confronti delle squadre che giocano davvero seppur male, la Juventus non gioca affatto.
I bianconeri sono quanto di più lontano possa esistere dall’essere una squadra di calcio: non sanno cosa fare con e senza il pallone, non sono solidi difensivamente, sono aridi offensivamente. Mancano i fondamentali del calcio, le idee, l’identità, manca tutto.
Come vuole giocare la Juventus? Allegri non ha mai riproposto lo stesso undici iniziale per due partite di seguito, i bianconeri sono l’unica squadra che sembra partire di volta in volta senza un undici titolare.
Il piano tattico qual è? Catenaccio e contropiede? Va benissimo, purché nulla sia lasciato al caso: le ripartenze della Juventus sono raffazzonate e improvvisate, basti vedere che nessuno accompagna il movimento del compagno, chi riparte è un uomo solo in mezzo a quattro avversari.
Le ripartenze devono essere codificate, studiate e provate, non improvvisate: la sensazione che si prova nel vedere la squadra di Allegri è quella di un insieme di calciatori che non hanno mai giocato insieme e si sono conosciuti cinque minuti prima di scendere in campo.
La prima punta della Juventus è costantemente abbandonata a se stessa, la fase difensiva è raccapricciante: difendere costantemente dentro la propria area manda in affanno e sotto pressione i singoli, ecco perché una volta sbaglia Bremer, una volta Gatti, una volta Cuadrado e avanti il prossimo.
Tuttavia il termometro per misurare il fallimento dell’Allegri bis non è la mancanza di gioco, di idee o l’aver svalutato quelli che dovevano essere le punte di diamante della squadra: Vlahovic ormai è un fantasma, un parente lontano di quello visto alla Fiorentina, Locatelli è la brutta copia di Van Bommel (perché dal playmaker della Juventus non ci si può accontentare dei ripiegamenti difensivi, ma serve qualità in fase costruzione, che sembra aver smarrito rispetto al Sassuolo), bensì non aver vinto trofei in questi due anni.
Allegri è un risultatista, non gli si può mica chiedere di valorizzare calciatori, di far giocare semplicemente a calcio la propria squadra, ma da risultatista qual è, ha fallito l’obiettivo per il quale era stato ripreso: vincere.
Allegri bis deludente in campo e fuori: l’ultima possibilità di compiere due gesti da juventino
Niente gioco, niente risultati, niente stile: la sceneggiata nello spogliatoio contro i dirigenti dell’Inter, non è degna di un club come la Juventus, che merita ben altro stile comunicativo oltre che di gioco e di risultati.
Un altro errore grave, in ambito comunicativo, è stato quello di far passare come DNA Juventus concetti come lotta e sudore, degni di una squadra di media-bassa classifica.
Juventus è eccellenza in campo e fuori, non si deve mai dimenticare. L’impressione è che Allegri e un po’ tutto l’ambiente sia assuefatto dalla mediocrità e dal provincialismo.
“A me piace la Juventus, mi piace vedere la Juventus che gioca bene a calcio”, diceva in un’intervista l’avvocato Gianni Agnelli.
Allegri ha ancora la possibilità di fare due gesti altamente juventini: vincere l’Europa League e farsi da parte, così da permettere alla Juventus di risorgere dalle proprie ceneri, in quella che sarà una lunga e faticosa ricostruzione, anche in virtù della situazione extra campo.