- “Non possiamo trattenere un giocatore che se ne vuole andare“.
- “Menomale!”, farebbe bene qualcuno a dire.
Nella manifesta complessità della lingua italiana, ‘trattenere’ è un verbo transitivo, e cioè che sviluppa la sua azione su un oggetto. Non a caso, digitandolo su un qualunque motore di ricerca, i primi sinonimi associati sono: ‘bloccare’, ‘fermare’, ‘tenere fermo’. Ma chi? Ma cosa?
Chiaro, nessuno deve – o perlomeno dovrebbe – definire i parametri di un rapporto come lo si fa con le regole di un gioco di squadra, piuttosto che con quelle di un codice di deontologia professionale, ma è cosa buona e giusta tenere a mente che è nella libertà corrisposta che un legame trova la rarità di sopravvivere al tempo e alle sue crepe, che siano fessure o voragini a quel punto non farà differenza. È per questo motivo che, chi crede che tirare troppo la corda sia la soluzione giusta per pesare un rapporto, potrebbe ritrovarsi con un polso mezzo slogato, a piangere lacrime di solitudine in un mare di mea culpa.
La Juventus, il suo polso fermo, ha deciso di preservarlo, tenendolo allestito per quando verrà il momento di stringere nuove alleanze, nuove storie che imbastiranno speranze di un ‘per sempre’ condiviso, voluto, bramato da entrambe le parti, e che avrà il sapore di una progettualità a lungo termine.
De Ligt via dalla Juventus: perché l’addio (a questo punto) è inevitabile
“Morto un papa, se ne fa un altro”? No, forse è meglio pensare che, quando una scarpa comincia a starci troppo stretta, sarebbe meglio comprarne una che calzi meglio, senza correre il rischio di inciampare qui e lì per la strada. Una scarpa che duri i chilometri che abbiamo intenzione di macinare, senza l’audacia di giudicarci se, per qualche motivo più o meno opinabile, capiterà di fermarci durante il tragitto.
“Il quarto posto consecutivo per due volte non basta, guardo sempre a ciò che è meglio per me”, diceva Matthjis De Ligt non molto tempo fa, ed ora, che le sirene estere di mercato suonano all’impazzata come il meccanismo antifurto di una banca, capiamo con amara consapevolezza che non tutti i matrimoni conoscono il lieto fine della favola di Cenerentola.
Nessuna scarpetta persa, nessuna carrozza, nessuna bacchetta magica, ma solo una penna che sembra fremere dalla voglia di mettere la firma su un divorzio inevitabile, su una rottura degna dei più grandi capolavori cinematografici hollywoodiani. E se è vero che si dovrebbe imparare a stimare il tempo per la sua qualità e non per la sua quantità, allora che si pianga pure in memoria di questi tre anni passati insieme, pochi, ma buoni. Talmente buoni che qualcuno sperava si sestuplicassero, quasi a formare un climax.
Con le prove di rinnovo in stand-by, lasciate lì a far la muffa – tipo la miriade di screenshot che accumuliamo in galleria e che puntualmente non utilizziamo mai – e le dichiarazioni di resa da parte degli alti piani bianconeri, la direzione sembra ormai più che tracciata: al capolinea il difensore e il club dovranno scendere entrambi, concedersi un ultimo mite saluto e imboccare percorsi diversi.
Siamo organismi composti per il 75% da acqua e per il 100% da speranza, e allora non lasciamo che muoia anche di fronte alla più grosse delle perdite. Non nascosto da qualche parte, in Premier, Liga o Bundesliga che sia, potrebbe esserci il più legittimo degli eredi al trono.
Lunga vita alla Vecchia Signora, intanto.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Gabriella Ricci