Si è raccontato in una lunga intervista a L’Equipe, Mattia De Sciglio. Parlando di Juventus, Nazionale e Lione.
Qui le sue dichiarazioni:
LIONE- “Mi è piaciuta molto, è una scelta che farei mille volte, che mi ha permesso di confrontarmi con un altro tipo di cultura. Ho vissuto nel VI° quartiere di Lione, dietro il parco dalla Tête d’Or, è stato fantastico. Una vera grande esperienza di vita. Ho scoperto un calcio più veloce, dove anche le piccole squadre giocano senza limitarsi a difendere. Anche più fisico. Mi ha permesso di acquisire più fiducia nelle mie capacità“. E lì è riuscito a ritrovare quegli stimoli che in Italia aveva perso: “In Francia ho riscoperto il gusto di giocare. In Italia siamo inondati quotidianamente da pressione da parte dei media e dei tifosi. In Francia, una volta finita la partita, anche se è una sconfitta, si pensa alla prossima senza esasperazione. Il calcio si vive più serenamente“.
SULLA JUVE E ALLEGRI- “È stato lui a farmi iniziare da professionista nel Milan nel 2011. È molto pragmatico, non che non gli piaccia il bel gioco. Solo che cerca prima di tutto la solidità. È quello che lo ha caratterizzato durante il suo primo ciclo alla Juventus, quando per i nostri avversari era difficile tirare in porta, noi sapevano soffrire insieme. Nel 2021 è tornato, ma la squadra era differente“. E i risultati si sono visti sul campo, con risultati non all’altezza del blasone della Juve: “Siamo partiti male, poi abbiamo fatto una serie di 17 partite senza sconfitte in campionato. Se non avessimo perso stupidamente punti, oggi saremmo in lizza per il titolo. L’eliminazione negli ottavi di finale di Champions contro il Villarreal è stata una grande delusione, ma non abbiamo sottovalutato il nostro avversario. Gli obiettivi ora sono la Coppa Italia e un posto in Champions League“. Poi su Rabiot: “Non ha espresso il suo potenziale al 100%. Ma, in alcune partite, ha fatto avanti e indietro per novanta minuti, con un grande volume di gioco, qualità tecnica nella circolazione di palla e proiezioni. Dal punto di vista fisico è impressionante, ha un passo che è tre volte più lungo di alcuni giocatori, lui lascia cadere a terra i suoi avversari senza forzare. Ma lo perdonano meno degli altri. So di cosa si tratta, io ci sono passato qualche anno fa“.
SULLA DELUSIONE DELLA NAZIONALE- “È successo quello che può succedere in una partita a eliminazione diretta. Non importa il livello dell’avversario, può giocarsi tutto su un episodio. Ero in panchina, ho visto che siamo stati ingannati dal nervosismo nel corso dei minuti. Detto questo, non credo che il calcio italiano abbia sofferto un ridimensionamento, non avremmo vinto l’Europeo altrimenti. Non è stata una parentesi, siamo rimasti imbattuti più di 30 partite. Se avessimo avuto un po’ più di fortuna durante le qualificazioni, ad esempio contro la Svizzera, oggi non saremmo qui a parlare di tutto questo“. Il problema della mancata fiducia nei giovani però esiste: “In Francia i giovani sono più audaci, non hanno paura di provare un uno contro uno, perché sono autorizzati a fare errori. Un giovane italiano viene massacrato al primo errore e così si perde“.