No caro Max, uscire contro il Villarreal è un fallimento

“Tanto tuonò che piovve”. La pesante sconfitta casalinga contro il Villarreal che decreta, per il terzo anno di fila, l’eliminazione della Juventus agli ottavi di Champions League, suona come una sconfitta personale per Massimiliano Allegri.

Foto: Getty Allegri Juve Villarreal

EMERY BATTE ALLEGRI

Emery ha battuto Allegri con una “vittoria alla Allegri”, suona paradossale, ma è l’amara verità. Primo tempo di contenimento del Villarreal, salvo poi invertire l’inerzia della partita con i cambi nel secondo tempo.

L’allenatore del sottomarino giallo, ha letto la partita in anticipo rispetto ad Allegri, ha provato a cambiarla ed è stato premiato, perché in Champions League il risultato devi andare a prenderlo.

Allegri la partita l’aveva anche preparata bene, la Juventus meritava di chiudere il primo tempo in vantaggio, ma ha fallito in quella che è sempre stata una delle sue armi migliori: la lettura della partita in corso.

Nel secondo tempo, la Juventus ha perso aggressività ed incisività e si è limitata ad un possesso palla orizzontale, lento e sterile: mai una verticalizzazione, mai un cambio gioco, mai un’apertura sugli esterni per dare ampiezza, mai una sovrapposizione dei terzini.

La partita si stava appiattendo, Emery l’ha capito in tempo, Allegri no: i cambi sono stati troppo tardivi. Attribuire la colpa di questa pesante sconfitta al rigore causato da Daniele Rugani è ingiusto e disonesto intellettualmente.

NESSUNA MALEDIZIONE CHAMPIONS LEAGUE

In Champions League, saper gestire l’imprevisto o l’errore di un singolo è fondamentale, ecco perché il crollo della squadra dopo lo 0-1 è preoccupante, quanto inaccettabile. L’esempio recente arriva dal Real Madrid che rimonta lo svantaggio casalingo col PSG e va a prendersi la qualificazione.

“Eh, ma ad averceli Benzema, Modric e Kroos”, tutto giusto ma i blancos hanno anche tanti calciatori a fine corsa (Carvajal ha visto i fantasmi nella partita, Marcelo), hanno perso due figure importanti come Sergio Ramos e Cristiano Ronaldo, sulla carta non erano nemmeno i favoriti quest’anno per vincere la competizione e invece…Il Real Madrid c’è sempre, a prescindere dagli interpreti.

Anche la Juventus, negli anni, ci aveva abituato a rimonte epiche, risultati importanti pur non presentandosi con la miglior formazione possibile. Tutti ricordiamo una partita sontuosa di Hernanes col Bayern Monaco, il famoso salvataggio di Sturaro col Real Madrid, questi i primi esempi che sopraggiungono.

Ieri dopo lo 0-1 per il Villarreal, bastava usare la testa, non disunirsi e il tempo per pareggiare la partita e riequilibrare la qualificazione c’era tutto.

Nella massima competizione europea non esistono sconti, ogni errore si paga a caro prezzo. Ieri la Juventus non è stata sfortunata, perché nelle due partite non ha mai dimostrato sul campo di essere superiore alla sua avversaria.

Ecco perché riassumere tutto in “Maledizione Champions League”, non ha senso e non aiuta a crescere: la Juventus ha sempre fatto grandi cavalcate in UCL, salvo poi perdere le finali (questo aspetto semmai, può essere sintetizzato come una maledizione).

I PROBLEMI

Quando si viene eliminati per tre anni fila agli ottavi di Champions League, contro squadre sulla carta alla portata e che fatturano briciole in confronto alla società bianconera, i problemi hanno radici più profonde.

Non può essere il mercato il problema, perché la Juventus è una delle squadre in Europa ( prima in Italia) che ogni anno destina ingenti capitali per il calciomercato. Senza andare lontano, a gennaio, il club ha fatto uno sforzo importante per assicurarsi uno dei migliori prospetti in circolazione, Dusan Vlahovic.

I problemi sono essenzialmente tre tutti collegati tra loro: mentalità, mancanza di identità e di pazienza.

Nel calcio bisogna essere flessibili e capire che esistono diversi modi di giocare, diversi modi per arrivare alla vittoria. In Europa, ci sono diversi esempi di allenatori che propongono un calcio diametralmente opposto, ma redditizio.

Basti pensare a Simeone, che piaccia o meno, ha dato un’identità forte all’Atletico Madrid. Klopp, Guardiola, sono allenatori diversi ma che hanno dato un’identità alle loro squadre. Tre esempi di tre allenatori profondamente diversi tra loro, ma che li accomuna la capacità di dare un’identità riconoscibile alle proprie squadre.

La Juventus non ha un’identità. Continuare con gli slogan del “corto muso”, non fa bene alla squadra e anziché produrre una mentalità vincente, si rischia di creare l’esatto opposto. L’idea dello staff tecnico qual è? La Juventus come vorrebbe giocare? Catenaccio e contropiede? Va benissimo, ma a patto che si sappia fare bene.

Anche il famoso “catenaccio e contropiede” è difficile da attuare, non è semplice come si pensa. I bianconeri non sanno fare nemmeno quello, non hanno un’identità.

Non è vero che la Juventus di Allegri sa difendersi: ogni partita si ha sempre la sensazione di poter prendere gol, poi alle volte si prende alle volte no, ma questo non significa avere una buona fase difensiva. Significa legare il tutto agli episodi.

La Juventus della BBC sapeva difendersi. Ai tempi si aveva la percezione che la partita potesse durare ore, tanto gli avversari non avrebbero mai segnato. Quella era una squadra con un’ottima fase difensiva.

La squadra attuale ha una fase difensiva con tante lacune e una fase offensiva arida, sterile: in sintesi, non eccelle in nessuna fase di gioco.

La Juventus non è né carne, né pesce: è priva di una qualsiasi identità. Arrivati a marzo, da un allenatore esperto come Allegri aspettarsi una squadra con un’identità, che sa cosa fare in campo, sa gestire l’imprevisto, insomma una squadra matura era il minimo.

Passare il turno contro il Villarreal, settima squadra della Liga era il minimo.

Alla sua prima esperienza in panchina, Pirlo ha chiuso la stagione con due trofei e un quarto posto: la sua è stata una stagione di alti e bassi, ma era coerente con la linea verde che la società voleva intraprendere. Tuttavia, la pazienza di aspettarlo un altro anno, in casa bianconera non c’è stata.

Se la Juventus ha fatto un contratto importante a Massimiliano Allegri, è perché si aspettava dei risultati nettamente migliori di quelli raggiunti con Pirlo. L’upgrade tanto sperato sin qui, non c’è stato.

FALLIMENTO SPORTIVO

Allegri ha detto che catalogare come fallimento sportivo l’eliminazione della Juventus, per mano del Villarreal è disonestà intellettuale, perché la Juve è ancora in corsa per il quarto posto e la Coppa Italia, un po’ poco considerando monte ingaggi, investimenti e il maxi contratto all’allenatore.

Caro Max, disonestà intellettuale è parlare di obbligo di vincere la Champions League per la Juventus, ma passare col Villarreal era proprio il minimo. Quindi sì, uscire per mano della settima squadra della Liga è stato un fallimento sportivo.

In estate, tanti calciatori inadatti alla Juventus, saranno cambiati, ma il mercato non può essere la soluzione a tutti i mali. Il salto di qualità e di mentalità deve partire da Allegri in primis, visto che è l’unico sicuro di restare saldo al suo posto.

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