Con una sana e incurante dose di follia si è concluso uno dei campionati più strani e avvincenti degli ultimi decenni. Dall’inferno al paradiso: la Juventus ha camminato sopra un filo sospesa senza protezioni e ne è giunta clamorosamente indenne alla fine. Perché se è vero che spesso la fortuna aiuta gli audaci, i bianconeri quest’anno hanno scherzato un po’ troppo con la sorte.
Un destino tanto benevolo quanto assurdo: il bello del calcio si è manifestato in tutta la sua interezza negli ultimi 90 minuti. Partite in cui abbiamo visto tutto e il contrario di tutto. Abbiamo analizzato le motivazioni di ognuna, abbiamo speculato possibili scenari in cui l’Atalanta avrebbe potuto e dovuto giocare al massimo delle proprie possibilità, ma non abbiamo fatto i conti con il fattore principale: l’imponderabilità dello sport più bello al mondo.
Differenza di responsabilità, differenza di mentalità
Il Napoli è arrivato alla propria partita con la pressione di dover vincere e ha clamorosamente steccato a traguardo ormai ultimato. La Juventus, d’altro canto, ha fatto il suo, conscia che la propria sopravvivenza sarebbe dipesa da qualcun altro. La differenza di responsabilità e mentalità l’hanno fatta da padroni, esprimendo il verdetto che a priori pareva pura assurdità: i bianconeri si qualificano alla prossima Champions League a discapito dei partenopei.
Proprio quel Napoli con cui scoppiò il “caos positivi”, con quel punto di penalizzazione prima dato e poi rimosso che avrebbe potuto pesare enormemente a favore della squadra dell’ormai ex tecnico Gattuso. Punto che invece si è rivelato utile soltanto per il polverone mediatico scatenato inutilmente da De Laurentiis.
Tutto e il contrario di tutto, come detto prima. In quattro giorni una stagione dai tratti horror è diventata agrodolce. Non di certo perfetta, né vicina ad esserlo. Perché nonostante le recenti gioie, i dolori di questa annata rimarranno impressi nella mente.
La Champions, però, è il paracadute che serviva a questa squadra per restare quantomeno in vista sulla cima più alta, perché altrimenti il crollo sarebbe stato vertiginoso. Ma ora che succederà?
Una coscienziosa e riflessiva rivoluzione
Gli scenari, ora, sono più visibili. La vista è meno appannata e il futuro si può osservare con molta più speranza di quanto si pensasse. A partire dall’allenatore si dovrà ridefinire una progettualità, ma non stravolgerla totalmente. Le due coppe e la qualificazione per il rotto della cuffia non devono fuorviare e nascondere i grossi limiti che questa squadra ha dimostrato di avere. I quindici punti di distacco dall’Inter sono veritieri e se i bianconeri vogliono tornare sul trono della Serie A è innegabile che qualcosa debba essere cambiato.
Giocare l’Europa League per i bianconeri sarebbe stato un macigno troppo grosso da sopportare, avrebbe probabilmente messo una pietra sopra ai nove anni di vittorie, attuando con tutta probabilità una rivoluzione tecnica e societaria senza precedenti. Ora invece la rivoluzione può essere più coscienziosa e riflessiva.
C’è da capire quali tasti non debbano essere toccati affinché non venga smosso un sistema che in questo decennio ha portato innumerevoli gioie e trofei. Con Buffon e quasi certamente Chiellini ai saluti c’è da capire chi realmente prenderà le redini dello spogliatoio bianconero. C’è da analizzare la situazione legata al rinnovo di Dybala e al futuro di Cristiano Ronaldo. Due giocatori così importanti quanto incerti del posto nella prossima Vecchia Signora. C’è da aspettare la risposta societaria sul prossimo allenatore.
Paturnie e quesiti che devono essere vagliati con la consapevolezza di chi sa che la fortuna in questo verdetto ha giocato un ruolo fondamentale. In attesa del giudizio finale, quale faccia della medaglia prevarrà? Ai posteri l’ardua sentenza.
Michele Lettieri