“Stay hungry, stay foolish” raccomandava il cofondatore di Apple Steve Jobs, in definitiva un monito a non perdere mai la fame di ambizione, con l’aggiunta di quel pizzico di sana follia indispensabile per fare scelte che, volontariamente o meno, destino scalpore.
Lo sa bene Federico Chiesa, che dopo un lungo corteggiamento ha scelto di inchinarsi al cospetto di Madama: 75 milioni di euro messi sul piatto della Viola da De Laurentiis e le avances delle milanesi non sono bastate a smuovere le intenzioni del giovane classe ’97, che nell’ultimo giorno della finestra estiva di mercato ha sposato la causa bianconera.
14 anni alla Fiorentina, figlio di quell’Enrico Chiesa bomber italiano degli anni ’90, Federico nasce a Genova e fa il suo esordio sul campo della Settignanese, per poi passare alle giovanili del club gigliato e ottenere un pass per la prima squadra nell’estate del 2016. L’esordio sui campi della Serie A arriva proprio in un match contro la Juventus, e a 20 anni arriva la prima convocazione in nazionale dal ct ad interim Di Biagio.
Attaccante esterno particolarmente abile nell’uno contro uno, Chiesa riesce a puntare lo specchio della porta anche da posizioni complicate, rappresentando un pericolo costante per le difese avversarie. Profilo duttile, sì, perché può giocare centrocampista esterno o seconda punta a supporto del centravanti designato: è destro, impiegato perlopiù sulla fascia sinistra per rientrare e calciare col suo piede forte, ma non si smentisce neanche col mancino.
Sottoposto alla gogna mediatica e accusato con epiteti poco magnanimi di essere un mercenario, l’ex viola è stato protagonista di un’operazione di mercato che ha acuito la storica rivalità tra Juventus e Fiorentina, ma senza intaccare minimamente la volontà di assicurarsi un posto da titolare alla corte di Andrea Agnelli, restando irriverentemente sulla scia dell’entusiasmo di chi, per la prima volta, si affaccia su un panorama vertiginoso come quello bianconero.
Dopo un lungo flirt estivo, quella tra il club e il giocatore sembra oggi essere destinata ad evolversi in una relazione durevole e vincente: un connubio, questo, che non tradisce le aspettative della causa juventina, anzi, le accredita. Fame e coscienziosità, autorevolezza e ottemperanza: sono queste le peculiarità che contraddistinguono il giovane cadetto del maestro Pirlo, che incarna perfettamente il taglio Juve e smorza i rimproveri di qualche bacchettone di troppo che non lo vede all’altezza del papà Enrico.
Allo scetticismo iniziale di chi si barcamenava tra una critica e l’altra, Chiesa risponde oggi a suon di gol, assist e prestazioni persuasive; ha il piede schiacciato sull’acceleratore, margini di miglioramento ineccepibili e ripaga l’insistenza di chi quest’estate l’ha fortemente voluto all’ombra della Mole, proprio di quell’Andrea Pirlo che lavora per fargli trovare continuità e per renderlo non più solo un esterno che, partendo dalle fasce, cerca il fondo per il cross, ma un attaccante aggiunto che sappia sfruttare più occasioni da reti nell’arco dei 90 minuti.
11 presenze in campionato, di cui 9 da titolare e 2 da subentrato, 6 in Champions League di cui solo 2 figlie di una sostituzione: il suo battesimo del gol in bianconero arriva nella facile affermazione contro la Dinamo Kiev, match di cui è stato indubbiamente attore trascinante, con il pregevole colpo di testa su cross di Alex Sandro, con la rapida incursione che ha portato al 750° gol in carriera di Cristiano Ronaldo e con l’assist sfornato per la rete del 3-0 di Morata.
Il primo centro in campionato si fa attendere, ma è semplicemente superlativo, e arriva nel pareggio casalingo contro l’Atalanta, in cui Chiesa regala il transitorio vantaggio alla squadra con un eurogol figlio di uno sbalorditivo tiro diretto all’incrocio dei pali, imprendibile per il portiere nerazzurro. Segnali indiscussi di crescita ininterrotta arrivano anche nel primo match del 2021, quello contro l’Udinese, in cui Ronaldo si erge a uomo assist e premia l’inserimento in profondità del numero 22, che controlla col destro e incrocia col mancino per la rete del 2-0.
Tuttavia, è nell’incrocio scudetto contro il Milan che arriva la sua consacrazione. La Garra Charrua della Vecchia Signora espugna San Siro, dove il Diavolo contava di prolungare la lunga serie di imbattibilità e tentare la prima fuga scudetto, ma si ritrova a dover fronteggiare quel mattatore assoluto di Federico Chiesa: dopo il clamoroso palo colpito al quarto d’ora, apre le marcature con un diagonale vincente su assist di tacco perfetto servito da Dybala, e ha vita breve il pareggio dei conti di Calabria, perché alla ripresa l’ex gigliato firma la doppietta personale con un piattone perfetto dal limite dell’area che punisce Hernandez in ritardo sulla chiusura.
La strada imboccata dall’esterno offensivo è ormai tracciata, ed è indubbio che sia quella giusta per giungere a destinazione: abbandonare i confini che lo circoscrivono a giovane e interessante “prospetto” italiano per emergere sul palcoscenico del calcio internazionale, lì dove difficilmente la sua luce resterà flebile anche al cospetto delle grandi.
Gabriella Ricci