Moreno Torricelli, leggenda della Juventus, è stato contattato in esclusiva dal nostro Simone Nasso. Tanti i temi affrontati dall’ex terzino bianconero: dall’eventuale ripresa del campionato all’operato di Maurizio Sarri, passando da quella meravigliosa notte del 22 maggio 1996.
Partiamo dall’attualità: l’eventuale ripresa del campionato di Serie A. I club vogliono ripartire, ma le parole di Spadafora continuano a lasciare molti dubbi e ad alimentare polemiche. Cosa ne pensa di questa situazione, e secondo lei alla fine il campionato potrà ripartire?
“Ovviamente è stato giusto fermare tutto due mesi fa, c’era bisogno di garantire la salute di tutti. Sulla ripresa, devo dire che sono un po’ perplesso. Sì, è vero che i giocatori si allenano a casa, ma non è la stessa cosa, non è come allenarsi normalmente. Dopo uno stop così lungo, riprendere questo finale di campionato è molto delicato per i giocatori, perché chiaramente, non essendo più sul pezzo, ti ritrovi a fare un’altra preparazione. E soprattutto a livello mentale, ripartire e giocare subito partite da dentro o fuori, pensiamo allo scontro che ci sarà tra Juventus e Lazio, non è semplice. Io credo che sarà difficile, anche perché con gli Europei posticipati nel 2021, ritardare la chiusura di questa stagione vuol dire fare praticamente un campionato e mezzo senza sosta, è davvero complicato. Capisco tutti, dai presidenti alla Lega per la questione dei diritti TV: bisognerà sedersi e discutere da persone intelligenti come affrontare questa emergenza.”
Una data: 22 maggio 1996. Tralasciando la partita in sé, che sensazioni ha vissuto nel corso di quella giornata, fino a un attimo prima del fischio d’inizio?
“Eravamo pronti per quella partita, eravamo concentrati. Era da cinque giorni che eravamo in ritiro, per cui avevamo studiato tutti i dettagli dell’avversario, eravamo assolutamente convinti di potercela giocare. L’Ajax era un’ottima squadra, però noi eravamo molto bravi nell’aggredire e sapevamo che sotto quell’aspetto avremmo potuto metterli in difficoltà. L’avvicinamento a quella partita? Notte in bianco, giocando la partita in testa, l’avrò giocata nella mia testa tre o quattro volte, credo di essermi addormentato alle quattro del mattino. L’adrenalina era a mille. Rifinitura blanda al mattino, e poi l’avvicinamento è stato pazzesco, perché già parti con l’adrenalina a mille, e mentre ti avvicini allo stadio inizi a vedere tutti quei tifosi che ti incitano e ti spronano a dare il meglio. Cerchi così di prendere da quelle situazioni l’energia positiva che ti danno i tifosi, e poi si va avanti. Ci si cambia, ci si guarda in faccia, e quando l’arbitro fischia l’inizio finiscono le preoccupazioni, e tutto il bello è andato.”
Giovanni Trapattoni e Marcello Lippi, due tra gli allenatori più vincenti della storia del calcio. Lei ha avuto il privilegio di poter lavorare con entrambi, cosa può dirci di queste due icone bianconere?
“Entrambi hanno tantissimi pregi. Sono due allenatori tra i più vincenti della storia italiana. Io a Trapattoni devo tutto, perché è lui che mi ha lanciato dall’Interregionale alla Serie A, ha creduto in me fin da subito. Lippi, invece, è quello che mi ha consacrato a livello di vittorie, perché i quattro anni che ho fatto con lui sono stati quattro anni intensissimi, che ci hanno permesso di diventare la squadra punto di riferimento a livello europeo, con tre finali consecutive di Champions League e una di Coppa Uefa, vincendo tutto quello che abbiamo vinto. Sono due grandissimi allenatori.”
Torniamo sull’attualità. Cristiano Ronaldo prima, De Ligt poi (e non solo), eppure la Juventus continua a faticare in Champions League. Cosa manca, secondo lei, a questa squadra, rispetto alla “sua” Juve del 1996 per riportare a Torino la coppa dalle grandi orecchie?
“Sinceramente, alla Juve di quest’anno non manca niente. Ha una rosa supercompetitiva, come poche in Europa. Diciamo che c’è tutto. Poi chiaramente una partita può nascere storta, anche noi nel 1996 abbiamo perso contro il Real Madrid. Una partita un po’ storta può capitare, però questa Juve deve essere consapevole della propria forza, sapere che può ribaltare il risultato ottenuto all’andata contro il Lione, e lavorare. Poi serve anche un pizzico di fortuna, arrivare al momento giusto con tutti i giocatori in forma, per poi dimostrare sul campo di essere i più forti.”
Maurizio Sarri è l’uomo giusto per questa Juventus?
“Mah, chi può dirlo se è l’uomo giusto o l’uomo sbagliato? Alla Juventus conta una cosa sola, e cioè scrivere il proprio nome nella storia al termine della stagione. Si pensava che Sarri potesse far giocare la Juve alla grande… qualche passo falso l’ha fatto, però è comunque in corsa per tutti e tre gli obiettivi, per cui prima di tirare le somme bisogna vedere come terminerà la stagione.”
Da operario di un mobilificio a leggenda di uno dei club più prestigiosi al mondo. Nonostante ciò, lei è sempre stato considerato una sorta di “antidivo”, soprattutto per la sua straordinaria umiltà. In virtù di un calcio come quello attuale, fatto più di “divinità” che di “esseri umani”, e di giovani che spesso sembrano volere tutto e subito, oggi una favola come la sua sarebbe ancora possibile?
“Era difficile ai tempi ed è difficile anche adesso. Mi auguro che qualcuno possa ripercorrere la mia strada, anche se non è facile. Sul fatto dell’umiltà e dei divi, io credo che anche oggi ci siano dei ragazzi in gamba, credo che questo faccia parte del carattere di ognuno di noi. Io sono sempre stato così e continuo a esserlo anche ora. Ho avuto la fortuna di conoscere dei ragazzi eccezionali.”
Esiste oggi un nuovo Moreno Torricelli?
“Se devo essere sincero, non mi è mai piaciuto fare paragoni. Io credo che ognuno di noi sia unico, per cui ragionando così non vedo nessun nuovo Torricelli. Ma non per chissà quale motivo, ma perché secondo me ogni giocatore è unico.”
Simone Nasso