Le polemiche scatenate dal Presidente Commisso dopo la partita di ieri tra Juventus e Fiorentina lo hanno immediatamente eletto a idolo degli antijuventini e di coloro che pensano come “Calciopoli non sia mai finita”, perseverando in quel vizio tutto italiano di fare dietrologia da ogni dove.
Sembra strano fare appello alla calma per le dichiarazioni del massimo rappresentante di una delle squadre con più storia del nostro campionato, ma gli addetti ai lavori si sono ritrovati nella strana posizione di commentare per ore le parole di un imprenditore catapultato improvvisamente sulla vetrina del calcio internazionale invece che parlare di una giornata di campionato che ha riservato non poche sorprese (vedasi Roma, Atalanta e Milan).
Eppure ancora una volta succede che contro la Juventus si agitino spettri oscuri nascosti nei meandri di chissà quale “palazzo” e colpevoli di favorire la corazzata bianconera che, per antonomasia, “è talmente forte da non avere bisogno di favori per vincere le partite”. Incredibile ma vero, i ghostbusters nostrani scovano questi fantasmi solo quando appaiono per favorire i colori bianconeri: quelli di Torino, non quelli di Udine ovvio.
Il secondo sport più praticato in Italia infatti è proprio la caccia alla strega juventina, quella che porta ad interrogazioni parlamentari sui favori arbitrali verso la Vecchia Signora piuttosto che sui problemi più urgenti del nostro paese (diamo un modesto consiglio agli onorevoli deputati e senatori: il rapporto deficit/PIL oltre il 130% è “leggermente” più rilevante di un mani in area di rigore).
Eppure basta un niente per scatenare ogni putiferio contro la Juventus, colpevole di chissà cosa in chissà quale modo solo perché nel 2006 si è deciso di fare giustizia in 14 giorni quando si sarebbe dovuto aspettare 14 anni. Viene da chiedersi allora perché le solite polemiche emergono solo quando i bianconeri aprono un ciclo vincente: la risposta è semplice, trionfare da fastidio più di ogni altra cosa al mondo.
Il calcio italiano continua quindi ad autoalimentarsi attraverso attacchi inutili e gratuiti contro la società bianconera, che sembra moralmente responsabile di ogni malefatta a partire dall’assassinio di Giulio Cesare: ecco che quindi il mani in area di De Ligt contro il Torino fa gridare allo scandalo e alla malafede degli arbitri. Peccato che qualche giorno dopo gli alti dirigenti dell’AIA (l’Associazione Italiana Arbitri, non il produttore di carne) mettano tutti a tacere sostenendo che quello no, non era rigore, e che gli “anti” a prescindere potevano mettersi l’anima in pace.
Invece proprio quelle persone sono lì a gridare continuamente “campionato falsato”, “chiudiamo questa farsa”, “continuando così nessuno guarderà più la Serie A”, anche dopo l’avvento del VAR che avrebbe dovuto spegnere ogni polemica: evidentemente dalle parti della Continassa hanno trovato il modo di truccare le immagini in presa diretta, e magari la prossima plusvalenza sarà la vendita del brevetto alle intelligence di Cina e Stati Uniti. Forse a questi tifosi serve una scusa, una motivazione per il fallimento delle loro squadre, e ciò viene consegnato loro su un piatto d’argento dai loro presidenti: la Juventus è l’alibi di chi perde.
Forse è più facile pensare che l’errore, ammesso che ci sia, fa parte del gioco, e che tutti siamo esseri umani e come tali non infallibili, arbitri e uomini VAR compresi. Ma questa giustificazione non basta al tifoso medio, abituato a vedersi defraudato continuamente dal Belzebù bianconero che come ogni spirito malevolo deve per forza fare del male al prossimo.
Se ogni Presidente, Amministratore Delegato, Direttore Sportivo delle squadre di Serie A si limitasse a copiare lo “stile Juventus” potremmo veramente cambiare il nostro calcio, ma forse chiedere loro di non aumentare l’ego di chi paga i loro stipendi sembra veramente troppo. “Se vuoi cambiare il mondo prima cambia te stesso” diceva il Mahatma Gandhi, e allora non resta che augurare questo a chi ha il potere di non esacerbare questo clima, pessimo a causa di coloro che dovrebbero rasserenare gli animi e non gettare in pasto ai lupi il capro espiatorio di turno, che sempre un solo nome: Juventus.