Se lo aspettavano un po’ tutti in fondo. La Juventus Super Campione d’Italia – e qui sì che ha senso dirlo – ha rispecchiato qualsiasi pronostico della vigilia. Il Milan, già sensibilmente inferiore sotto un profilo tecnico rispetto alla banda di Capitan Chiellini, ha legittimato le pretese bianconere con il tormentone ufficiale di questa sessione di mercato. Higuain, tra una febbre e un “mal di pancia”, non ha propriamente trasmesso tranquillità , e le aspettative erano riposte proprio nella poca stabilità che l’ambiente rossonero ha tratto dalle pressioni mediatiche e da quelle del suo numero 9.
A differenza di quanto si credeva alla vigilia, però, la partita è stata tutt’altro che a senso unico. La Juventus ha fatto il suo possesso, ma ha rischiato: a più riprese gli uomini di Gattuso, orfani, sì, di Higuain (almeno fino al 60′) ma con un Cutrone in più, hanno creato problemi agli uomini di Allegri. Tra un’uscita a vuoto di Szczesny e una traversa proprio del troppo-poco-impiegato classe ’98, il risultato si è sempre precariamente mantenuto in equilibrio. Sarà stato il caldo a rendere i giocatori lenti – come ha detto Ronaldo -, saranno state le motivazioni certamente non alle stelle, ma il successo bianconero è da registrare più come una manifestazione di bravura a mantenersi solidi, granitici, segnando solo una rete, che come una manifestazione di assoluta superiorità, cosa che ci si aspetterebbe nella partita di assegnazione di un trofeo.
Una Juventus vecchio stile, insomma, che ciclicamente ricompare, eternamente uguale, (spesso) scocciata – e scocciante -, nonostante abbia le qualità per poter imporre la propria supremazia per tutti i novanta minuti. Massima resa con il minimo sforzo. Positivo, sì, d’altra parte alla base dell’Allegrismo c’è proprio questa impostazione, e guai a toccarla. Che non diventi un vizio però: puntare a “sfangarla” non è sempre scelta redditizia, e in contesti agonisticamente più duri ci si può fare del male.
Vincenzo Marotta
This post was last modified on 17 Gennaio 2019 - 09:56