Esistono binomi inscindibili, le cui componenti sono impossibili da immaginare separatamente. Mondi che si appartengono reciprocamente. Perpetuamente.
Marchisio e la Juventus. La Juventus e Marchisio. In mezzo, venticinque anni. La Juventinità nella sua massima espressione, quella che ti marchia a fuoco dalla nascita. Se è vero che chiunque giochi nella Juventus ne resta un tifoso per sempre, diventarne un giocatore dopo esserne stato tifoso è affare di cui pochissimi possono vantarsi. E ancora più raro è diventarne ambasciatore, in Italia e nel mondo. Un simbolo inequivocabile, che è ciò che consente di essere ricondotto alla Juventus quando si fa il proprio nome.
DEL PIERO-MARCHISIO: UNA STAFFETTA MAI CONCLUSA
Claudio Marchisio ha significato tanto per i propri tifosi. Ha significato speranza, quella che nutre qualsiasi ragazzino di poter indossare la maglia della propria squadra del cuore. Ha significato umiltà, la stessa con la quale il Principino ha sempre affrontato le decisioni tecniche prese a suo svantaggio. E ancora, battaglie, portate avanti nel momento più importante della sua carriera contro l’infortunio che lo ha stroncato. Infine, Marchisio è stato evasione. Sì, l’evasione dai dettami di un Calcio orientato verso il guadagno, dove anche indossare la maglia sempre desiderata cede il passo alla volontà di successi, di visibilità, di carriera. C’è chi ha fatto della bramosia di successi il mantra della propria carriera e chi, invece, ha anteposto il cuore a ragionamenti venali.
Claudio c’era, quando la Juventus era in B e quando anche qualificarsi ad una competizione europea non era per nulla scontato. Claudio è stato amato, per tutto ciò che è già stato detto, e per tanto altro. La sua eleganza, la sua duttilità tattica, le sue incredibili capacità tecniche: inserimenti, colpi di tacco, tiri da fuori, colpi di testa, rovesciate. Ma forse Claudio è stato tanto amato anche perché è stato subito riconosciuto come l’erede perfetto, in grado di poter raccogliere il testimone di un gigante come ADP. Il 29 gennaio 2009, il suo primo gol in Serie A, su assist di Del Piero. Il vecchio che manda in porta il giovane. Il passato che serve il nuovo che avanza. Il filtrante dell’allora capitano bianconero ha simboleggiato un passaggio di consegne, una staffetta che, però, non è stata mai portata pienamente a termine.
CIRCOSTANZE SFORTUNATE
Il tempo e le circostanze sono state tiranne nei suoi confronti. Nel momento più importante della sua carriera si è trovato circondato da quelli che all’epoca erano i migliori interpreti nei propri ruoli, e nonostante tutto riuscì a ritagliarsi degli spazi importanti. Di fatto, senza uno tra Pogba e Vidal il suo posto non sarebbe mai stato messo in seria discussione. Poi l’infortunio, maledetto. Non tutti riescono a riprendersi al meglio dopo certi episodi, e da quel momento Allegri, che comunque aveva precedentemente puntato (seppur non al 100%) su di lui, non è stato più in grado di tirarne fuori le incredibili capacità. Da titolare di un centrocampo di primissima scelta a rincalzo di un reparto di buon livello. Ma la colpa, purtroppo, non è di nessuno.
UN DIVORZIO NECESSARIO CHE NESSUNO AVREBBE MERITATO
Il Calcio di oggi, a certi livelli, non lascia spazio ai sentimenti, ma chi di sentimenti si nutre non può non innamorarsi di vite e storie come quelle di Marchisio, a sua volta talmente pieno di amore nei confronti della “sua Signora” da prendere consapevolezza del fatto di essere diventato (tatticamente) di troppo, e farsi da parte, andarsene, in punta di piedi, come solo i signori sono in grado di fare. Il Principino avrebbe meritato di concludere la propria carriera nell’unica squadra per la quale avrebbe voluto dare tutto fino alla fine. Un divorzio che nessuno avrebbe meritato, ma di cui entrambe le parti avevano bisogno. La Juventus, per non pagare eticamente la pena di dover relegare in panchina un simbolo; il giocatore stesso, talmente grande da non meritare così poca considerazione. Finisce bene, nonostante tutto. Tutti avrebbero voluto assistere ad un futuro targato Marchisio, un futuro in cui il Principe sarebbe diventato Re. Il finale di una storia che non si è realizzato come tutti avrebbero voluto, ma che ciascuno dei tifosi ha già immaginato nella propria testa. Un finale che, sicuramente, anche Claudio avrà sognato milioni di volte, ma che, però, dovrà restare sepolto, lì, nei cassetti della speranza, farciti delle aspirazioni di quel bambino che, a sette anni, indossò per la prima volta la maglia bianconera. Una maglia che, nonostante tutto, non toglierà mai.
Vincenzo Marotta
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