“L’Italia occupa la terzultima posizione nella graduatoria europea degli utenti [che si connettono a Internet: sono il 63,2%, ndr] (76% la media Ue nel 2015), solo Bulgaria e Romania registrano una quota più contenuta.
L’Istituto inoltre registra che poco meno di sette famiglie su dieci nel 2016 si connettono tramite la banda larga; il Mezzogiorno, e in particolare la Calabria (58,8%), si trovano in posizione svantaggiata. Nel confronto europeo, la quota di famiglie italiane è inferiore alla media (80% nel 2015), mentre i valori più elevati si registrano nel nord Europa”.
In altre parole, DAZN sta cercando di portare vento di rivoluzione in un deserto d’infrastrutture.
Un rischio sicuramente calcolato, ma che probabilmente starà creando qualche grattacapo in più ai vertici del gruppo. Il mix tra reti poco performanti e applicazioni ancora in stato embrionale ha prodotto il mezzo disastro di ieri sera.
Eppure è un progetto che merita fiducia.
Già solo perché stanno cercando di aprire una via, per ora sconosciuta, che ci porterà nel futuro del calcio. L’apripista ha sempre lo sporco compito di liberare il percorso dagli ostacoli.
Segnale in ritardo, immagini di bassa qualità, improvvisi black-out: tutti problemi che il team di Perform, la società che controlla DAZN, dovrà registrare il prima possibile.
Ma tutto lascia pensare che, con il tempo, la situazione migliorerà. Parliamo di un progetto, ambiziosissimo, di diverse centinaia di milioni di euro.
Con le spalle coperte da Len Blavatnik, uomo d’affari di origini ucraine che controlla l’85% di Perform, con un patrimonio stimato di 20 miliardi di dollari (Forbes).
Tutt’altro che dilettanti allo sbaraglio, insomma, nonostante le critiche di ieri sera. Ecco perché, conoscendo la solidità e la competenza del gruppo, è ragionevole pensare che le lamentele troveranno presto ragione di placarsi.
Forse sarebbe stato meglio passare per una fase sperimentale, come suggeriva Giovanni Capuano, visto che molti disservizi sembrano causati dalla “fretta”.
Sviluppare diverse applicazioni per diversi dispositivi, a differenza di quello che si può pensare, non è per niente semplice: ogni app richiede un lavoro, abbastanza lungo, a parte.
Così come è complicato conoscere un nuovo mercato, oggettivamente diverso da quelli in cui si è già operato (Giappone, Germania…). L’Italia è un po’ un unicum, sicuramente in Europa, per modo di vivere e guardare il calcio.
Resta solo da aspettare. La strada è tracciata, difficilmente si potrà tornare indietro.