La prima volta che vidi Sturaro all’opera con la maglia della Juventus fu in Champions League contro il Monaco: la prima impressione fu abbastanza negativa, benché avesse giocato solo tre minuti nel finale. La seconda volta invece fu da tachicardia, e penso che chiunque si ricordi quella partita: Juventus-Real Madrid, semifinale di andata di Champions League.
L’INIZIO
Ero a Barcellona in vacanza con un amico milanista, era l’ultima notte in terra catalana: volevamo cercare un bar nelle vicinanze della stazione degli autobus pieno di tifosi blaugrana, ci dovemmo accontentare di un bar pieno di cinesi. Un’ora prima della partita la tv spagnola annuncia quasi festante Sturaro titolare. Io ero sgomento: Sturaro titolare contro il Real Madrid? Non è possibile. Gli opinionisti spagnoli sorridevano, cantavano vittoria prima che l’arbitro fischiasse, si riempivano la bocca con commenti tipo: “Sturaro è un giocatore con poca esperienza europea, non è abituato a questi palcoscenici, Allegri vuole coprirsi maggiormente in difesa perché ha paura del Real” e cose così. In quel momento mi salì una certa rabbia addosso, e da quel preciso istante ho cominciato a fare il tifo per lui: falli stare zitti Stefano.
Uscì tra gli applausi quella sera, verrà ricordato il suo miracoloso salvataggio sul colpo di testa di James Rodríguez e una partita di assoluta graniticità. Doveva essere la partita trampolino di lancio, doveva confermarsi. In un centrocampo che conta Pirlo, Vidal, Pogba e Marchisio, trovare spazio è alquanto difficile. Però c’è tempo, si può sempre migliorare. Prima di terminare la stagione però, riesce anche a mettere a segno un gol contro il Napoli, ancora una volta da titolare. Ma anche un pugno rifilato a Ishak durante Italia-Svezia dell’Europeo Under 21.
MIGLIORARSI
Doveva carburare, doveva andare sempre meglio. Sturaro viveva di lampi in cui riusciva a far quello che gli si chiedeva e altre partite in cui proprio non c’era. Nella stagione successiva arrivò quello che è stato il suo momento più alto, ovvero il gol contro il Bayern Monaco: una partita persa e strapersa contro una squadra che aveva dimostrato una netta superiorità. Poi la Juve si rialzò, prima con Dybala, e poi proprio col neo entrato Sturaro, per lo scalpore di tutti. Giocò pure il ritorno di quell’ottavo di finale, ma meglio non ricordare altro. Stava carburando, tra alti e bassi, ma lo stava facendo. E lo dimostrò anche in quella che, a mio giudizio, fu la sua miglior partita di sempre: Italia-Germania, Europei 2016. Una partita con una grinta inenarrabile, giocata con le ginocchia andate, ma nessun desiderio di lasciare il campo, neppure quando Conte voleva toglierlo per far entrare il rigorista Zaza: niente da fare, uscì Chiellini.
IL DECLINO?
Nella stagione 2016/17 Allegri lo inventa sulla fascia. Forse è lì che ha cominciato a crollare a vista d’occhio: la qualità dei suoi compagni lo stava sovrastando, la differenza che si respirava con lui in campo si stava facendo sentire. Lui si tappa le orecchie, ascolta solo Allegri, fa quello che gli viene detto. La sua fase calante è cominciata: la tragicomica perdita del pallone nel match contro il Lione fa il giro del mondo, il nome di Sturaro viene associato alla definizione di scarsezza. I tifosi si dividono: chi non lo sopporta più e chi invece ne loda l’attaccamento alla squadra e l’impegno. Nella sua ultima stagione c’è poco da salvare, raramente arriva alla sufficienza a fine partita.
La sua cessione (pardon, prestito) allo Sporting Lisbona sembra quanto di più naturale: se una squadra vuole vincere la Champions ha bisogno di campioni, e Sturaro, ahimé, non lo è. Tanti hanno malignamente esultato alla notizia, senza cuore. L’odio è un sentimento serio, in cui il calcio ha poco a che vedere. Mi riesce difficile disprezzare un ragazzo di 25 anni che ha cercato di cavalcare un sogno senza riuscire a stringerlo come avrebbe voluto. Giusto qualche momento, in cui illudersi, per poi sedersi in panchina o in tribuna. Che la fortuna sia con te Stefano, da uno che nonostante tutto è sempre stato dalla tua parte.