Si dice che si fa sempre ritorno dove si è stati bene. Leonardo, tu, probabilmente, a Milano non ti sei mai sentito a casa: scegliesti il Rossonero, lo scorso anno, per essere riconosciuto come Il Fenomeno, non come uno dei tanti. Un Campione d’Italia e vice-campione d’Europa che approdava nella difficile realtà milanista per farsi inevitabile bandiera di un progetto (all’epoca) convincente. Un leader, indiscusso, benvoluto, idolatrato, ma solitario. L’uno sui tanti, il Deus ex machina del ritorno ai fasti che furono. I battibecchi a Torino, la convinzione di aver terminato un ciclo. Poi, il salto nel vuoto. Lo stesso vuoto che hai lasciato tra i tifosi bianconeri, quelli che ti adoravano, quelli per i quali eri il miglior difensore al mondo. Quelli che ti davano la giusta spinta emotiva per essere quello che eri.
NON CAPITANO, MA NOCCHIERO
Sei stato superbo, Leonardo, troppo. Hai creduto di essere l’esclusivo prodotto delle tue fatiche, della tua tecnica e di null’altro. Ma tu eri – e sei – il prodotto di un sistema che per esaltarti ha bisogno di essere perfetto, e alla Juventus tutto ruotava in tuo favore. Della BBC eri un componente, non il famelico capo. Chiellini e Barzagli i tuoi maestri, non le tue ancelle. Risaltavi, certo, in quanto uomo più tecnico dei tre. Il difensore in grado di lanciare l’attaccante fino a portarlo con un solo tocco davanti alla porta. Facile agire quando c’è chi ti guarda le spalle, più difficile fare entrambe le cose, invece. Nella nave rossonera in gran tempesta, infatti, non sei stato capitano Achab, ma nocchiero vittima degli eventi. Detto con un ossimoro: l’ambiente paradisiaco che i Diavoli rossoneri avevano programmato di creare si è rivelato una chimera, e quando ne hai preso consapevolezza sei stato colto da rimorso e nostalgia.
CERTI AMORI NON FINISCONO…
Poi i problemi societari, proprio quando la Juventus acquistava Cristiano Ronaldo: un po’ come quando la ragazza che hai brutalmente lasciato riesce a trovare finalmente conforto, ma tu decidi di tornare per rimettere tutto in discussione, sfruttando la consapevolezza che, in fondo, quell’amore – come recita una canzone – non era mai finito. L’audacia di tornare sui propri passi, la convinzione che volere è potere: così, da un Leonardo all’altro, la richiesta di cessione è stata portata sul tavolo di Marotta e Paratici che avevano l’esigenza di vendere per non andare in esubero nei due reparti d’attacco e difesa. Perché, al netto di quanto si dice, la presenza di Cristiano Ronaldo avrebbe escluso a prescindere l’impiego di un giocatore come Higuain. La cessione Caldara, poi, è stata la condicio sine qua non del trasferimento.
CHI CI GUADAGNA?
In fondo, entrambe, poiché, al netto di quanto dicano i tifosi, sia Juventus che Milan hanno ovviato ad alcuni problemi altrimenti irrisolvibili. La Juventus si priva di un attaccante di altissimo livello per favorire l’impiego del migliore in circolazione e cede senza recompra il prospetto difensivo più interessante del panorama calcistico italiano per riprendere uno dei difensori top nel suo ruolo. Il Milan risolve il problema della punta per la prima volta nel post-Inzaghi e sostituisce più che degnamente un giocatore impossibile da trattenere.
Lato Juventus, l’operazione può prendere ulteriori diversi connotati in base alla prospettiva che si assume. Sicuramente, svincolandosi da una logica etica, il ritorno del numero 19 è solo un ulteriore rinforzo che si aggiunge ad una squadra attualmente fuori portata per qualsiasi avversario in Italia e tra le prime quattro del mondo. Chiaramente, il trade off è dato dall’età del giocatore (31 anni), che non può certo garantire il suo contributo per molto tempo ancora, diversamente da Caldara.
LE SFIDE DI BONUCCI
L’ex Atalantino, tuttavia, nonostante l’enorme talento non ha dalla sua l’esperienza, decisiva in una competizione come la Champions. Occhio, però, a dire che la Juventus ha perso di vista il progetto giovani, che continua a sopravvivere nelle figure di Cancelo, Can, Bentancur, Rugani, Dybala e Sandro più i vari prestiti. La volontà – non l’ossessione -, dunque, è quella di vincere la “maledetta”, preferibilmente quest’anno, riservandosi la possibilità (solo come extrema ratio) di farlo l’anno prossimo. Bonucci ritrova l’habitat che lo ha reso grande, con due sfide avanti agli occhi: dimostrare di essere tecnicamente il giocatore che lasciò tutti di sasso quando decise di lasciare Torino, e riconquistare i propri tifosi. Il primo passo sarebbe sicuramente evitare qualsiasi tipo di pretesa, come quella sul “suo” numero di maglia – che contraddistinse anche i suoi primi giorni a Milanello -, attualmente dietro le spalle di Perin.
Bentornato Leonardo, senza ulteriori ripensamenti, si spera.
Vincenzo Marotta
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