“Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo”.
Lo diceva Marcel Proust, uno che di tempo che scorre inesorabile ne capiva parecchio.
E la provocazione, da una Juventus sempre più grande, sempre più europea, sempre più affamata è stata accolta eccome.
Il sogno che non si esaurisce toglie forze mentali, perché essere sempre avanti è senza dubbio stimolante, anche se estremamente complicato. Perché se vuoi essere il migliore devi sì battere i migliori, ma anche provare a portarli dalla tua parte: un compromesso necessario se la posta in palio è la gloria.
Proprio quel migliore che ti ha costretto a tornare troppe volte, con la testa bassa, a raccogliere il pallone in fondo al sacco.
Che ti ha sfilato da sotto il naso quella Coppa per cui lavori, sudi, lotti, speri da più di vent’anni.
Che ti ha “rovesciato” una stagione con il gol della carriera.
Che ai più, magari, sta anche antipatico. Che non sarà mai da solo, perché sempre e comunque paragonato ad un altro mostro sacro. Perché goderseli entrambi – fieri e soddisfatti della fortuna capitataci – sembra troppo difficile.
Che vanta 5 Palloni d’oro, un fisico statuario (ma anche una statua vera!) e un’età biologica di 23 anni. Ventitré.
Che l’amore per una persona è una cosa bellissima, ma se Irina va a Madrid, Irina può tranquillamente dormire in albergo.
Che il lavoro è tutto, perché nobilita l’uomo prima e l’atleta poi.
Che la crioterapia è il segreto per cotanta perfezione fisica.
Che non ammette distrazioni, passi falsi o secondi posti. Un po’ come la Signora bianconera, no?
Che ti assicura di rimaner tranquillo, perché “Eu estou aqui”: “Io sono qui”, e nulla diverso da ciò che speri potrà mai accadere.
Che è lo sportivo che dona più soldi di tutti in beneficenza, con un debole per i bambini malati terminali.
Che ha già tante idee per il futuro, ma che per adesso vuole ancora giocare.
Possibilmente lontano da Madrid, più che mai pronto per una nuova sfida. Coi fiocchi. O con le strisce.
Magari ancora bianche, ma pure nere.
Angelo G. Abbruzzese
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