Difficile non conoscere Nicola Legrottaglie, ex giocatore della Juventus, dove ha militato dal 2006 a 2011. Dopo Legrottaglie è passato al Milan dove si è laureato Campione di Italia nel 2011. Ha chiuso la propria carriera al Catania nel 2014, dopo aver vestito la bellezza di undici maglie diverse. Adesso l’ex giocatore pugliese è libero, nella scorsa stagione era il vice allenatore di Rastelli al Cagliari. Conosciamolo meglio attraverso quest’intervista.
Nicola, cosa serve per arrivare in serie A?
“Servono sacrificio, talento, determinazione. Una volta raggiunte le basi per poter giocare a quel livello, è più difficile rimanerci. Spetta all’ atleta mantenere queste basi. Puoi arrivare in A velocemente, bruciando le tappe, ma poi è difficile mantenersi nella massima serie.”
A tal proposito le chiedo qual è stato l’attaccante più difficile da marcare ?
“Ibrahimovic. Zlatan ha una prestanza fisica paurosa, è stato difficile marcarlo da avversario. È imprevedibile. Marcatura stretta, anzi strettissima per lui.”
Quando era giovane a chi si ispirava?
“Fernando Redondo. Un centrocampista granitico. L’ho iniziato ad osservare quando giocava nel Real Madrid e poi nel Milan.”
Cosa le ha insegnato il calcio? Quali valori?
“Il calcio insegna tutto, è vita. Incontri tantissime persone e ti relazioni con loro, grazie a questo sport. L’importante è non essere egoisti, ma anzi altruisti e aiutare gli altri. Ogni gruppo ha dei valori che, all’interno di una squadra, sono importantissimi.”
Quando era alla Juventus ha giocato anche con campioni, del calibro di Buffon, Del Piero, Trezeguet, Camoranesi e Nedved. Che emozioni percepivi quando si allenava con questi personaggi?
“All’inizio, quando sono arrivato, avevo un po’ quel senso d’inferiorità rispetto a loro, mi chiedevo se fossi all’ altezza di questi campioni, ero giovane, avevo poca esperienza. Poi, anche grazie all’ambiente della Juventus, ho acquisito consapevolezza di ciò che ero, non ho più trovato differenza tra me e loro, non trovavo troppe difficoltà. I grandi campioni, prima di essere tali, sono persone uguali alle altre.”
Tra il 2010 e il 2012 ha pubblicato ben quattro libri: “Cento volte tanto. Con la fede vivo meglio”, “Ho fatto una promessa. Perché la fede ha cambiato la mia vita”, “L’ amore vince tutto. La fede spalanca il mio cuore ogni giorno di più”, “I made a promise. How faith changed a champion’s life”. Che importanza dà alla fede nella sua vita ?
“La fede nella mia vita è importantissima. Io la intendo come fiducia, certezza che esista qualcuno sopra di noi, pronto ad aiutarci, che pensa al nostro bene. Credo che ci sia qualcuno sopra di me che mi ami. La fede per me è un valore aggiunto, un insegnamento, un modello da seguire. Dio mi ha aiutato anche nelle scelte da prendere nel mondo del calcio. Le ho fatte anche grazie a Lui. Quest’ultimo è il mio compagno di viaggio quotidiano.”
Visto che si sta avvicinando al mondo del calcio da un’altra prospettiva…cosa pensa del ruolo dell’allenatore?
“Per fare l’allenatore alla base ci vuole la testa. Per portare avanti un gruppo è fondamentalmente avere carattere. Un allenatore non deve essere un capo, deve essere un leader. Un allenatore deve dare ai propri atleti ciò di cui hanno bisogno. Un mister deve accudire i propri atleti, deve farli crescere di livello.Questi devono fidarsi di lui. Per me l’allenatore ha il 40% d’importanza all’interno di una squadra.”
Di Francesco Rossi
This post was last modified on 25 Giugno 2018 - 20:27