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Editoriale

A te, che hai rotto il calcio, ti combattiamo con un sorriso

Sorridi. Che è bello. Sorridi. Che è un gioco. Sorridi. Che in tutto il groviglio di pensieri che è la nostra esistenza, ci piace davvero pensarne solo uno: che non ci arrenderemo mai. Che ameremo il calcio, che lo faremo sempre e comunque per quello che è. Che impazziremo fino alla fine dei giorni per le sue storie di gioie, dolori, fatti, misfatti. Che ci emozioneremo ancora, sì. Che piangeremo per un’illusione, che grideremo per una rete all’ultimo istante. Che sogneremo ancora di alzare quella coppa, in quello stadio, per quei colori. Che coltiveremo – comunque vada a finire – l’amore. Che non sfioreremo neanche per un istante l’odio.

Sorridi. Che non c’è cosa più bella.

Che tanto lo faremo consapevoli del giorno in cui bisognerà arrendersi, prima o poi. Dell’istante in cui sarà più facile gettare la spugna, lasciarsi rabbrividire dal presuntuoso ma giusto sentimento di superiorità.

Tu però sorridi. E non deporre la stessa arma del sorriso come contrattacco all’isteria. E se riusciranno anche a toglierti il mondo di fiducia che ancora brilla dentro, continua a sorridere. Di questa luce che ancora irradia questo gioco, non farne mai a meno. Stringila forte al petto senza lasciarla andare: perché è troppo importante, quel fascio di dolce raziocinio. E troppo raro. E troppo umano, in un mondo che sta evaporando di rabbia e frustrazione.

Tu sorridi contro chi ti rompe il calcio, ogni giorno.

E poi fagli un augurio diverso: non minaccioso, ugualmente pieno della stessa speranza che affiora. Perché sarebbe bello se per un istante, anche soltanto uno, vedesse il mondo con gli occhi innocenti di chi s’alimenta quotidianamente di storie e di pallone. Quelli senza pregiudizi, senza dietrologie, senza falsi miti o miti falsi. Senza giocare d’immagini e di labiali, senza alimentare i crampi allo stomaco di chi si sente tradito dall’amore più grande. Finendo inevitabilmente per odiarne l’amante, e il mondo che rappresenta.

Sorridi. E pretendi per lui un desiderio non differente dal tuo: quello di divertirsi.

E di restare esattamente così come si è: inguaribili. Ottimisti, fiduciosi, innamorati. Persone che credono ai brividi, all’emozioni, ai sentimenti più puri che avranno sempre la meglio sulle isterie temporanee: figlie di un fallo non sanzionato o di una frustrazione più profonda, chissenefrega. Tanto qui non vuole guarire nessuno.

Figurariamoci se vuoi farlo tu, che di quei momenti ti cibi come l’ultima e deliziosa cena della tua esistenza. Che in quei momenti abbatti il muro della pressione, dello sconforto, dell’ambizione che fa costantemente a pugni con la realtà. E che ormai non sorridi, non lo fai più. Tanto è tutto scritto: pure nell’ultima possibilità che la vita ti ha dato per concretizzare quei tre o quattro mezzi sogni, quelli che lavi ogni weekend con la speranza che stavolta caschino bene. Tutto è scritto e chi l’ha scritto è sempre lui: quello a cui dai la colpa del tempo che passa, della sfortuna che resiste, e della storia più bella che non ammette eccezioni. Che si scrive sempre allo stesso, per te maledetto, modo.

Sappiamo che è difficile: però, in qualche modo, sorridi. Che se ingoi veleno, digerirai veleno e non sputerai nient’altro che veleno. Dai, sorridi. Perché il calcio non è nient’altro che sorrisi. E tu, proprio tu che oggi lo rompi in continuazione, lo sai meglio di tutti: perché quell’espressione felice, con un pallone sotto al braccio, l’hai provata ogni singolo attimo che ha colorato la tua infanzia. Quando non pensavi ai milioni, ai giochi di palazzo, al Var. Quando non covavi tutta questa rabbia, quando c’entravano i sentimenti.

Non è cambiato nulla, caro amico che rompi il calcio. Sei cambiato solo tu, in compartecipazione con il mondo. Per questo e per tanto altro, combatti tutto il resto. E torna bambino, torna a sorridere. Torna a crederci: che non c’è roba più bella.

Cristiano Corbo

This post was last modified on 4 Maggio 2018 - 20:12

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