Non era un vero atto d’amore, o almeno non è partito con quest’intento: il sentimento è cresciuto solo dopo aver smaltito un po’ di rabbia, di quella accumulata in un finale di stagione che si è mostrato troppo lontano dagli standard a cui aveva abituato la Juventus. Capita: non si è immortali e invincibili. Ma il match con il Napoli ha mostrato crepe che hanno fatto mobilitare i tifosi: ci sta perdere, non così. Il succo, coro più coro meno, è tranquillamente questo.
Le risposte arriveranno sul campo, ma quanto hanno chiesto i tifosi viaggia sul filo del legittimo con fare disinteressato: la parrocchia non è più quella di Allegri e dei ragazzi “a cui non si può dire nulla”, questa squadra – pur essendo prima in classifica – è stata contestata e un’azione del genere non arrivava dalla sconfitta con il Sassuolo a Reggio Emilia nell’anno del ritardo clamoroso. Ergo: fa pensare. Non se sia giusto o sbagliato, perché nei modi la ‘manifestazione’ è stata talvolta gentile e talvolta dura. Fa pensare se sia lecito o meno dare una scossa a un ambiente ferito, ma mica morto, e farlo in questo modo: ossia presentandosi in massa e urlando prima rabbia e poi voglia.
Un’altra giornata di cui probabilmente Allegri avrebbe fatto volentieri a meno, questa. Perché con la paura non si cambia marcia, ancor meno se la rotta è quella giusta e se c’è ancora un po’ di margine di manovra. La contestazione meno contestazione di tutte ha sortito allora un unico effetto: quello di compattarsi e di rendersi conto che davvero non si può più sbagliar nulla. Ci sono modi e modi: i tifosi più accesi hanno scelto il loro. Più impattante e genuino.
This post was last modified on 27 Aprile 2018 - 22:44