Quante volte ci siamo detti che con tutti questi infortunati non si poteva andare da nessuna parte. Quante volte si è pensato che dopo la partita dell’andata sarebbe stato quasi fisiologico uscire. Quante volte si è avvicinata la maledizione inglese, quella che regolarmente esclude la Juventus dalla maledetta Champions. Quante volte abbiamo parlato a vuoto. Quante volte ci siamo illusi. Quante volte. Quante. Quante?
La Juventus ha battuto squadre inglesi solo quando si trattava di gironi eliminatori: se i giochi si facevano più duri, allora entra in gioco la sofferenza. Usciti con il Chelsea, eliminati da Liverpool e Arsenal, per non parlare di quel Manchester United che nel ’99 riuscì a ribaltare il doppio vantaggio di Inzaghi con i gol di Roy Keane, Yorke e Andy Cole, freddando il vecchio Delle Alpi. E cosa pensare di quell’orribile confronto in Europa League con il Fulham, quando la tanto disastrosa quanto dorata Juve di Zaccheroni fu presa a pallonate al Craven Cottage?
Ci voleva una vittoria. Un pareggio per 3-3 era una chimera irraggiungibile, probabilmente non auspicabile, benché favorevole. Dopo un primo tempo giocato male, sfido chiunque a credere in un’impresa. Soprattutto a credere che la rimonta fosse possibile con gli inserimenti di Lichtsteiner e Asamoah: di solito quando si cerca di vincere si inseriscono giocatori offensivi, non un paio di terzini. Eppure la fortuna aiuta gli audaci, la storia si fa valere. 4-3-3, 4-2-3-1, 4-4-2, 4-5-1: non importa come giochi la Juventus (oggi ha usato tutti questi moduli), conta quello che si è visto alla fine. E alla fine si è visto un tabellone luminoso che indicava la vittoria della Juventus nel neutro di Wembley, pieno come sempre in queste grandi occasioni.
In un giorno come questo è davvero inutile parlare di gioco, tattiche, arbitro, prestazione e chissà cos’altro. Oggi parliamo di vittoria, e di gioia. Tutto il resto è fuffa.
This post was last modified on 8 Marzo 2018 - 19:37