Nei giorni scorsi sono piovuti da ogni parte del mondo pallonaro gli auguri per i primi 40 anni di Gianluigi Buffon. Giocatori, tecnici, giornalisti, addetti ai lavori ma anche semplici tifosi non hanno fatto mancare il loro affetto per quello che è considerato il numero uno dei numeri uno da ormai un paio di decenni, anche e soprattutto da colleghi di reparto. Gli auguri sono infatti arrivati da compagni di squadra ma anche e forse soprattutto da avversari di tante battaglie, di chi lo ha visto da vicino e ha provato a perforarlo (compreso il Papu Gomez che poi ieri sera è stato ipnotizzato sul rigore) a chi vive la sua stessa solitudine in partita, come Casillas e Cech. Nonostante parliamo di un monumento di portata nazionale sui social c’è anche chi si è indignato per tanto dispiego di auguri, ma crediamo vivamente che Buffon se li sia meritati tutti.
LA FORZA MENTALE
Il valore aggiunto di Buffon, ma dei campionissimi come lui in genere, è che non basta arrivare a 40 anni con un fisico perfetto: ci va una forza mentale, una dedizione al lavoro, una voglia di migliorarsi ancora e sempre nonostante l’età che lo fanno scendere in campo con l’entusiasmo dei primi anni. Ieri sera è stata la dimostrazione più lampante di questo concetto: nei due mesi in cui è stato fuori è successo di tutto. Innanzitutto, Szczesny si è giustamente preso la ribalta, non facendolo rimpiangere e anzi per qualcuno addirittura prepensionandolo, sfoderando prestazioni degne del titolare ufficiale della Juve attuale e futura. In tanti hanno iniziato a pensare che forse la strada giusta sarebbe stata addirittura quella di lasciare riposare Buffon e di far continuare il polacco anche al momento del rientro del numero 1. Ma Gigi è stato spesso capitano della Juve recente da quando non c’è più Del Piero, lo è da anni in nazionale, e ancora una volta ha fatto vedere a tutti cosa vuol dire essere campioni. Vuol dire anche avere quella lucidità mentale di poter tornare, a 40 anni ormai suonati, a difendere la rete della squadra più amata e odiata d’Italia con quella sicurezza e freschezza che invece che prepensionarlo fan pensare che potrebbe fare un’altra stagione, perché no. Anzi a fine partita Matuidi quasi lo invita a continuare, perché portieri così non se ne vedranno per tanto, tantissimo tempo. Dopo una sosta così lunga, che avrebbe potuto logorarlo a livello mentale, lui è tornato forse ancora più forte di prima: alla prima occasione in cui è stato chiamato in causa ha parato un rigore, e nel finale di partita ha compiuto un vero miracolo per impedire all’Atalanta di pareggiare rendendo molto meno pesante il gol di Higuain. Un mostro di concentrazione
LA SECONDA GIOVINEZZA
Chi vi scrive è un coscritto di Buffon. Dopo l’estate gli anni saranno 40 anche per il sottoscritto e Buffon può essere preso davvero da esempio positivo. La carriera di un calciatore non è lunghissima, ma lui ha superato i 20 anni ad altissimi livelli, e continua a rimanerci e a dare l’impressione di non voler mollare. A fronte di tanti ragazzini che “esplodono” tra i 16 e i 18 anni e poi si montato la testa e spariscono nel dimenticatoio, magari dopo aver guadagnato i primi soldini, lui è ancora lì, a portare la sua esperienza, il suo carisma, il suo infinito talento al servizio dello spogliatoio della Juve e forse ancora della nazionale. Chissà che proprio la possibilità di disputare il nuovo torneo per Nazioni organizzato dalla UEFA per l’autunno non sia la molla che possa aver fatto tornare a Gigi quella voglia di calcio giocato che sembrava un po’ essersi sopita dopo la cocente eliminazione dai Mondiali di Russia. Il Buffon visto ieri sera non ha età, nel vero senso della parola. Il rigore è una sfida molto mentale con l’attaccante, e l’ha stravinta non solo deviando ma addirittura bloccando il pallone. L’intervento nel finale su Petagna è qualcosa che solo i grandissimi sanno fare, un mix di freddezza, follia nell’uscita sui piedi del giocatore, capacità di occupare più volume possibile. Di uomini di questa caratura, oltre che di campioni di questo aclibro, c’è e ci sarà sempre bisogno. Insomma, una seconda giovinezza, ma forse non c’è mai stata la vecchiaia, qualche acciacco a parte.
Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro)
This post was last modified on 31 Gennaio 2018 - 13:53